Che lo dica il cuore o il commercialista, in Italia di beneficenza se ne fa tanta: le donazioni individuali ammontano a 7 miliardi di euro ma la cifra non ufficiale – che comprende anche le raccolte fondi non tracciabili – è molto più alta. Tuttavia, la legge è talmente a maglie larghe che gli «inciampi» sono parecchi. Altro che Chiara Ferragni e la Balocco. Il motivo? I controlli avvengono sempre a posteriori, quando i bonifici sono già stati fatti. E allora si scopre che i fondi per la ricostruzione post terremoto vengono assegnati su segnalazione dei partiti regionali, che i soldi per i bimbi africani non arrivano a destinazione, che i crowfunding per aiutare a sostenere le spese legali vengono utilizzati per tutt’altra – e meno nobile – causa. Ma ormai sono stati donati.
Nell’immenso calderone del fundrising non tutto è buono. C’è ampio spazio per «scivolate» mal riuscite alla Ferragni o per vere e proprie truffe che rischiano di fare perdere al fiducia in tutte le forme di donazione.
Nella trappola della beneficenza/marketing – quando il dono pubblicizzato smette di essere dono e diventa investimento – ci sono finiti in tanti, anche l’influencer Clio make up, inciampata nello stesso errore-boomerang delle uova di Pasqua in cui la raccolta fondi si è rivelata un’operazione commerciale bella e buona.
Charity washing (come la chiama Selvaggia Lucarelli) mal riuscita anche per Lady Gaga che durante la pandemia ha venduto biglietti per il suo concerto on line a favore dell’Oms con Swiss philanthropy foundation ma non ha precisato che il 5% delle donazioni serviva a coprire le spese di transizione. La piattaforma Gofundme, su cui Ferragni e Fedez nel 2020 hanno raccolto fondi per l’ospedale San Raffaele, è stata multata con 1,5 milioni di euro per le commissioni ingannevoli applicate ai donatori che, in buona fede, parteciparono all’iniziativa benefica. L’attore Edoardo Costa è stato condannato a un anno per aver utilizzato a scopi privati parte dei fondi destinati al bambini del Kenya.
«Negli ultimi anni – spiega il Codacons – abbiamo presentato circa 50 denunce in tema di raccolta fondi. Alcune hanno coinvolto personaggi noti, altre si sono occupate delle iniziative di perfetti sconosciuti che, sui social, hanno lanciato iniziative di solidarietà a favore di cagnolini abbandonati o bambini malati senza dare ai donatori la possibilità di verificare il percorso del denaro e la realizzazione della missione benefica».
On line è un attimo chiedere aiuto ma non onorare la missione dichiarata, anche con il crowfunding. Malika Chalhy, la ragazza di Castelfiorito (Firenze) cacciata di casa perché lesbica, ha chiesto aiuto per pagare le spese processuali e rifarsi una vita. Senza specificare che con i 140mila euro raccolti si sarebbe comprata la Mercedes. La raccolta fondi post alluvione in Sardegna si è trasformata in una denuncia per appropriazione indebita di denaro, gli sms solidali – varati nel 2014 – non sempre hanno avuto una gestione trasparente e sono finiti nel mirino della Corte dei conti: tra i garanti del team incaricato di attribuire i fondi c’erano anche funzionari politici.
E ogni episodio rischia di intaccare tutto il terzo settore e far perdere fiducia nelle onlus o nelle richieste di aiuto. Anche quelle senza doppi fini, quelle che arrivano dal cuore.