Caro Mario,
non ti aspetterai mica che io cambi opinione per fare contento te o altri lettori che hanno una visione differente dalla mia… Con tutto il rispetto, non me ne frega. La mia priorità è affermare ciò che effettivamente penso, mantenendo la mia onestà intellettuale. Che questa possa non farmi risultare talvolta gradevole è un incidente di percorso che accetto e ho sempre accettato ben volentieri. Grazie.
Sono costretto a deluderti ancora, anzi, oggi sono ancora più convinto che, prima di concludere che Ferragni abbia agito con dolo e malafede, occorra attendere l’esito di una eventuale indagine sfociata in un eventuale procedimento. Sta di fatto che la signora Ferragni ha dichiarato di considerare ingiusta la decisione subita e di essere intenzionata a fare ricorso. Quindi non leggerei le sue parole come ammissione di colpevolezza, mea culpa e interpretazioni simili che ne sono state date trascurando il fatto che ella abbia specificato che impugnerà la decisione dell’Antitrust. Dunque, caro Mario, non mi unirò ai manganellatori di destra e di sinistra che da giorni massacrano in televisione, sui giornali e sui social network una donna che, ad oggi, ha ricevuto una multa che impugnerà e nessuna condanna in giudizio.
Ti dirò anche il mio punto di vista, che ho già avuto modo di esprimere, ma, dato che mi solleciti a pronunciarmi nuovamente, lo espongo con rinnovato vigore: a mio avviso, è l’azienda produttrice che immette la merce sul mercato e che incassa il capitale a dovere provvedere alla promessa beneficenza sugli incassi e non il personaggio che di volta in volta può fungere da testimonial alla iniziativa. Ferragni aveva un suo cachet, così anche per le uova di Pasqua. Per quanto quel compenso ci possa apparire elevato, esso fa parte di una contrattazione privata tra Ferragni e l’azienda ed è assolutamente lecito. Ferragni non si impegnava in quello spot a devolvere parte del suo compenso in beneficenza, bensì era parte del ricavato dalla vendita del prodotto (ricavato incassato dall’azienda produttrice) a dovere essere devoluto. Quindi perché stiamo massacrando questa donna?
Per la faccenda delle uova, idem. A febbraio Ferragni conclude l’accordo e intasca, così come pattuito, la cifra di circa un milione di euro, a Pasqua le uova vengono vendute e il capitale derivante non va nel conto in banca di Ferragni, ma dell’azienda che ha confezionato le uova. È da quel ricavato che devono essere devoluti i quattrini per questa o quella associazione benefica. E, in effetti, questo è avvenuto: 36mila euro sono stati regalati.
Possiamo discutere circa il fatto che la cifra è esigua. Certo. Ma l’azienda ha comunque mantenuto l’impegno preso, se l’è cavata, così potremmo dire, in questa maniera. Avrei trovato semmai più opportuno e più corretto che i giornalisti, anziché scandalizzarsi per il milione di euro ricevuto da Ferragni per le vendite e pubblicato come fosse chissà quale scoop, si fossero dedicati a ben altra indagine, quella volta a capire quanto ha guadagnato l’azienda produttrice, la stessa che ha ingaggiato Ferragni come testimonial per un milione di euro, dalla vendita delle uova. Insomma, se proprio vi volete scandalizzare, scandalizzatevi nei confronti di una azienda che incassa milioni e milioni e milioni vendendo un prodotto di cui sottolinea persino sulla confezione che parte del ricavato andrà ai bisognosi e non per il testimonial che viene pagato dalla stessa azienda per incrementare le vendite di quel medesimo prodotto di cui parte del ricavato si sottolinea che sarà donato ai bambini.