Si era recentemente recato a Taiwan in visita istituzionale, come attestato dal suo passaporto. Ma proprio a causa di quel precedente viaggio, al presidente di Anci Toscana Matteo Biffoni è stato negato l’ingresso in Cina. Un divieto reso paradossale dal fatto che Biffoni sia il sindaco di Prato, la città che ospita la comunità cinese più popolosa d’Italia insieme a Milano. Una vicenda che, secondo quanto riportato dal quotidiano La Nazione, risale ai giorni scorsi. Il primo cittadino pratese del Partito Democratico era stato invitato in veste di presidente toscano dell’Anci dalla Tongji University e della School of Economics and Management di Shanghai. Lo scopo dell’invito era quello di illustrare il progetto “T-factor” sull’uso degli spazi dismessi nella rigenerazione urbana.
L’invito gli era quindi pervenuto dalle istituzioni cinesi, ma sul volo per l’oriente Biffoni non è mai salito. Il problema? Il timbro di ingresso a Taiwan sul suo passaporto posto durante la spedizione alla quale partecipò lo scorso febbraio. Un viaggio, quest’ultimo, che all’epoca aveva già provocato la protesta ufficiale della Cina, tanto che il governo cinese si fece vivo con l’amministrazione pratese tramite il consolato e l’ambasciata. E adesso sembra essere nato un nuovo “caso”: non ci sarebbero state proteste ufficiali, ma semplicemente un divieto, e nemmeno velato, di ingresso in Cina. E dire che Prato ha ormai da decenni un rapporto solido con il Celeste Impero: stando agli ultimi dati dell’Ufficio Statistica del Comune, i cittadini cinesi che vivono sul territorio comunale pratese sono circa 33mila (su un totale di 200mila abitanti). Una cifra che cresce di poche migliaia di unità contando anche quelli residenti in provincia, senza contare le migliaia di aziende (perlopiù tessili, nell’ambito dei cosiddetti “pronto moda”) gestite da imprenditori orientali.
La comunità cinese rappresenta quindi una componente fondamentale del tessuto sociale e produttivo pratese, ma tutto ciò non è a quanto sembra bastato a superare le direttive del governo cinese: chi ha sul passaporto il timbro di Taiwan non entra in Cina. L’unico modo per poter partecipare al convegno di Shanghai sarebbe stato quello di fingere di aver perso il documento in questione e farne uno nuovo, per un’ipotesi che Biffoni ha però fatto sapere di non aver mai preso in considerazione. Avrebbe in alternativa potuto richiedere un visto, che avrebbe tuttavia dovuto avere comunque l’ok dalla Cina. E per evitare di sollevare una nuova polemica dopo quella di qualche mese fa, il sindaco ha scelto alla fine di rinunciare all’evento.