Parole che compongono già un titolone urlato. «È un anno che prendiamo la mira a questostiamo per portarlo allo schianto». Frasi pesantissime, pronunciate da Luca Zaia all’indirizzo di Andrea Crisanti, scienziato e poi senatore del Pd. Quell’invettiva, si scoprirà poi, è penalmente irrilevante, ma intanto finisce nei brogliacci della polizia giudiziaria e poi sui giornali. Si indaga sui test rapidi della Regione Veneto e certo il Governatore non può sapere che lo stanno ascoltando mentre si sfoga con qualcuno del suo staff.
Zaia non è nemmeno indagato ma il danno d’immagine arriva puntuale e non è poca cosa nel momento in cui lo scienziato che all’inizio della pandemia si era avvicinato al governatore, si sposta progressivamente verso il Pd.
Le intercettazioni sono spesso double face: scivolose, controverse, semplificano e comprimono la realtà, la deformano. Sono imbarazzanti, sopratutto quel che si è detto, magari giocando ad esagerare, al telefono.
Le frasi si imprimono nella memoria e non se ne vanno più via. Anche se l’indagine in questione non ha portato a nulla ed è finita su un binario morto.
La ministra Federica Guidi entra nel grande calderone di Tempa Rossa, tanto fumo e poco arrosto: viene captato un suo battibecco che va a tappezzare i giornali: «Mi tratti come una sguattera del Guatemala», dove l’interlocutore è il compagno della Guidi, Gianluca Gemelli.
L’inchiesta è già debole, ma ci si chiede cosa possa interessare questa considerazione alla giustizia italiana. Eppure così vanno le cose, la Guidi si dimette per un caso che solleva tanta polvere ma non va da nessuna parte.
Storie così se ne sono viste purtroppo molte in questi anni. Giovanni Terzi, scrittore e volto televisivo, ha raccontato nel suo libro Innocente in carcerazione preventiva quel che gli era capitato nel 1998, quando fu arrestato per corruzione in qualità di assessore all’Urbanistica del comune di Bresso. Un’inchiesta da cui uscì completamente assolto. «Nei brogliacci della procura di Milano erano finiti dialoghi, spezzoni e annotazioni decontestualizzati che, riletti, rimbalzavano e s’infilavano come la lama di un coltello fra me e Paola, la moglie da cui mi stavo separando». Poi scomparsa nel 2018. «C’erano insomma pezzi della nostra vita privata che non avevano alcun rapporto con l’inchiesta, aspetti delle nostre esistenze che purtroppo dentro quei brogliacci venivano amplificati, equivocati, deformati».
È una vecchia storia che va avanti da troppo tempo, anche se le norme sono state modificate e sono stati introdotti alcuni sbarramenti. Così Alessandra Necci diventa famosa nel 1996, nell’epoca di Mani pulite due, per le mezze avance rivolte al banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia: «Hai visto come sono sexy?».
Nel 2005 Anna Falchi viene immortalata mentre scrive al suo fidanzato Stefano Ricucci, uno dei furbetti del quartierino, un messaggino tenero e innocuo: «Ti amo»; più recentemente mezza Italia legge avidamente il resoconto del corteggiamento di Alessandro Moggi a Ilaria D’Amico: «Ho speso 10 mia euro per portarla a Parigi. Ho preso un aereo privato, un albergo di lusso, un ristorante favoloso». Ma niente, lei gli ha dato buca.
Sorrisetti e ammiccamenti, nessuno spunto investigativo.
Luca Morisi, portavoce di Salvini, viene scorticato per una storia di droga che rende pubbliche le sue pulsioni omosessuali. Gli orientamenti sessuali del media manager diventano argomento da bar, poi, tanto per cambiare, l’inchiesta finisce in archivio. Nel nulla. Come la sua reputazione