Togliere il flusso di migranti dai trafficanti di uomini e gestire a livello europeo le migrazioni: questo è l’obiettivo del Patto per le migrazioni e l’asilo, sul quale Consiglio e Parlamento europeo hanno trovato un accordo. Il senso molto chiaro: entra in Europa e ottenere la protezione chi ne ha il diritto, gli altri non possono restare. Si intensificano i controlli, si riducono i controlli e si rende obbligatoria la solidarietà tra gli Stati. L’accordo potrebbe essere il primo passo verso una regolamentazione a livello europeo dell’immigrazione, così come richiesto dall’Italia, per ridurre il numero di partenze illegali dalle coste africane in direzione dei nostri porti. Un modo per abbassare il numero di morti in mare che, però, alle Ong non piace.
Meno barche significa meno interventi per i loro equipaggi e questo non sembra andar bene alla flotta civile, che con un comunicato stampa ha aggredito la decisione europea, accusando che l’esito dei negoziati “legittima lo status quo alle frontiere esterne dell’Unione Europea in cui violenza e respingimenti sono pratiche quotidiane“. A loro dire, la configurazione attuale della gestione dei migranti, “sta portando ad un’allarmante criminalizzazione delle persone in fuga e di coloro che cercano di aiutarle“, che in estrema sintesi sono loro. Sì, perché nel loro comunicato le Ong dedicano un intero passaggio proprio a loro stessi, evidentemente preoccupati per quella che potrebbe essere la loro attività d’ora in poi: “L’Unione Europea sta sostenendo le iniziative repressive perpetrate dai suoi Stati membri, rinunciando alla clausola che protegge l’intervento umanitario dalle accuse penali. Questo atteggiamento incoraggia una repressione sempre più intensa contro coloro che cercano di offrire assistenza e sostegno umanitario“.
Nel documento, per altro, le Ong accusano l’Europa di strumentalizzare le morti in mare “Per promuovere una politica di chiusura dei confini“. Loro, puntano il dito contro i “fini propagandistici“, quando ci sono evidenze che dimostrano che tutte le loro azioni vengono condotte dietro il vessillo politico dell’ideologia “no border“. Il Patto dei migranti non piace alle Ong perché, come spiegano successivamente, loro vengono esclusi dalla gestione dei flussi. “Era necessario creare rotte sicure e legali verso l’Europa, istituire una missione europea di ricerca e salvataggio“, missione alla quale loro, evidentemente, si aspettavano di partecipare. Ma nel loro documento parlano anche di “equa distribuzione” dei migranti in tutti gli Stati membri: lo dicono loro che continuano a sbarcare i migranti in Italia e non fanno richiesta di porto ad altri Paesi, per loro comunque raggiungibili.
E così, per supportare la loro tesi, che deve per forza andare a contrastare quanti sostengono, numeri alla mano, che la missione europea che loro vorrebbero diventerebbe un pull-factor, concludono: “Questa situazione costringerà sempre più persone a cercare di fuggire via mare, scegliendo rotte sempre più pericolose. Purtroppo, altre vite andranno perse ancora e ancora, e nessuna sarà salvata dalla decisione presa oggi“. Un ricatto morale che non fa presa, in quanto, nonostante le loro accuse, i Paesi hanno già dei percorsi legali di ingresso, che nei prossimi anni verranno implementati.