Saman, giustizia è fatta. Ergastolo ai genitori

Saman, giustizia è fatta. Ergastolo ai genitori

Ergastolo per omicidio aggravato dal legame familiare ai genitori di Saman, la ragazza pakistana uccisa a Novellara, nella bassa di Reggio Emilia, per aver rifiutato un matrimonio combinato con un cugino in patria. Il padre Shabbar Abbas è in carcere, in Italia, dopo essere stato estradato dal suo Paese dove è ancora latitante la moglie, Nazia Shaheen. Sono stati loro, per i giudici, i mandanti del delitto della figlia, una 18enne che si faceva chiamare «italian girl» e voleva vivere all’occidentale, sognando un’indipendenza che la famiglia non riusciva a tollerare. «Inconsapevolmente sovversiva», l’ha definita il procuratore Calogero Paci nella sua requisitoria.

Lo zio Danish Hasnain è stato riconosciuto l’esecutore materiale del delitto e condannato per omicidio e occultamento di cadavere: lui ha strangolato Saman, dopo la sua scomparsa nel maggio del 2021, e per questo dovrà scontare 14 anni di carcere. Una pena mite perché sono venute meno le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili, riconosciute le attenuanti generiche e concesso lo sconto previsto per il rito abbreviato che era stato negato in udienza preliminare. Assolti invece i cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, che erano accusati di avere seppellito il cadavere di Saman in un casolare diroccato a mezzo chilometro da casa sua, dove tutti l’avevano cercata ma nessuno l’aveva trovata. Per loro la Corte d’Assise di Reggio Emilia ha disposto l’immediata scarcerazione.

Era stato subito chiaro che Saman non era solo sparita e che bisognava concentrare le indagini sui familiari, ma c’è voluto un anno e mezzo per scoprire dove era stata sepolta e per chiudere il cerchio sui genitori, che l’indomani del delitto sono volati in Pakistan. Mentre gli altri tre sono fuggiti in Europa, tra Spagna e Francia, dove sono stati arrestati. Dal carcere è stato poi lo zio ad indicare il punto in cui era stato sepolto il corpo della nipote. Tutti gli imputati sono stati assolti dall’accusa di sequestro di persona e i genitori di Saman da quella di soppressione di cadavere. Negati i risarcimenti al fidanzato e al fratello della ragazza, che in aula ha puntato il dito contro i genitori, stabiliti solo in favore di alcune associazioni di difesa delle donne e islamiche.

Prima della lettura della sentenza il padre di Saman aveva fatto una lunga dichiarazione spontanea, parlando a braccio per un’ora e quaranta in un italiano non proprio sciolto ma comprensibile per negare tutte le accuse e puntare il dito contro il figlio che lo ha accusato: «Ha detto solo bugie». Qualche attimo di commozione, poi un fiume in piena per dire che «neanche gli animali ammazzano i figli, anche se in carcere mi guardano e pensano che sia un cane perché l’ho uccisa e i giornalisti mi hanno messo la targhetta dell’assassino». Invece non è vero, come non è vero che l’aveva costretta a sposare un cugino in Pakistan. Nessun matrimonio combinato: «Quando gliene ho parlato Saman ha detto va bene papà ed era molto contenta così come tutti in famiglia. Lui è un bravo ragazzo, ricco, non beve, non fuma, e poi ha il mio sangue». I giudici non gli hanno creduto.

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