Questo «accordo al 100%» tra Francia e Germania sul patto Ue di stabilità e crescita «sono sicuro» che «lo avremo» nell’Ecofin che si svolgerà questo pomeriggio in videoconferenza. Così ieri sera il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, nel corso di una conferenza stampa con l’omologo tedesco Christian Lindner ha preannunciato l’intesa sulla riforma del Patto tra i due big europei con la collaborazione dell’Italia. «Abbiamo già avuto un colloquio con il nostro collega italiano e sono fiducioso che riusciremo effettivamente a raggiungere un accordo», ha aggiunto Lindner. «Abbiamo anche molto lavorato con i nostri amici italiani, in particolare, con il ministro Giorgetti; penso che con l’Italia siamo esattamente sulla stessa linea ed è una eccellente notizia avere Francia, Germania, Italia, allineate su queste nuove regole».
Il ministro Giorgetti ha colloquiato ieri pomeriggio con i suoi colleghi. Tuttavia non ha rilasciato dichiarazioni. Una scelta che lascia trasparire come quella di Francia e Germania possa essere la solita fuga in avanti dei due Paesi che finora hanno governato l’Ue. Anche perché Italia e Francia nell’ultimo Consiglio Ue si erano trovate d’accordo su un’altra sospensione di 6 mesi del Patto per affrontare serenamente le europee. Le trattative sono proseguite nella notte di ieri perché la sospensione è sgradita si a Berlino che a Bruxelles, ma a Roma l’idea di accordo continua a non piacere.
L’intesa, ha sottolineato Le Maire, «ci permetterà per la prima volta dalla creazione dell’euro di avere un vero Patto di stabilità e crescita». Da una parte, ha spiegato, «vuol dire un patto che garantisce il calo del debito pubblico la riduzione del deficit e, al tempo stesso, consente «di investire, in particolare, nella decarbonizzazione e nella difesa per garantire la sicurezza del territorio».
Nessun dettaglio è stato, però, fornito sull’accordo. La proposta naufragata all’ultimo Consiglio Ue prevedeva: una riduzione del deficit/Pil dello 0,5% annuo se sopra il 3% (ieri sarebbe stata trattata una correzione dello 0,2% in cambio di riforme), una riduzione annua dell’1% del debito/Pil e il conseguimento di un deficit/Pil stabilmente all’1,5% per i Paesi con debito/Pil sopra il 90% (2% per gli altri), terminato il periodo di rientro. «La Germania – ha chiosato Lindner – non accetterà regole che non sono rigide, nel senso credibili, sufficienti ed efficienti» per il rientro del debito. La landing zone (il punto di caduta), ha aggiunto, sarà «consentiamo gli investimenti, manteniamo uno spazio fiscale per le riforme, ma rispetto alle vecchie regole le nuove porteranno ad un abbassamento del deficit».
Ecco perché la mancata ratifica del Mes, per ora, rappresenta un’assicurazione sulla vita. Ieri in commissione Bilancio alla Camera il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, ha rinviato a oggi la risposta all’interrogazione di Fdi sugli «effetti finanziari» del salva-Stati. Le opposizioni hanno abbandonato la commissione, lamentando il mancato approdo in Aula. Come aveva spiegato la premier Meloni, «per noi fa la differenza sapere quale sia il Patto del quale disponiamo, perché gli strumenti si mettono insieme tutti quanti». Meglio, per ora, il vecchio Patto inapplicabile.