“La cancel culture, un nuovo fascismo”. Anthony Hopkins fa a pezzi il pensiero unico

Viviamo nella cultura del nuovo fascismo, della cancel culture. Non c’è più libertà di parola“. Anthony Hopkins descrive con parole crude e lucidissime il nostro tempo, non facendo sconti alla tendenza progressista di offuscare – se non addirittura zittire – ogni pensiero contro corrente. Finalmente un attore che non dice banalità. Tornato nelle sale cinematrografiche con One Life, storia del broker londinese Nicholas Winton, che nel 1938 salvò 669 bambini, quasi tutti ebrei, facendoli fuggire da Praga prima che arrivassero i tedeschi, il popolare regista britannico ha rilasciato un’intervista a Repubblica nella quale ha condannato fermamente la cosiddetta cancel culture e le sue temibili conseguenze.

Oggi – ha tuonato Hopkins – “se dici qualcosa, sei cancellato. Le persone vivono nella paura. E questo richiama alla Germania nazista, ricorda l’Unione Sovietica e Stalin, il maccartismo americano. La dittatura del pensiero ‘giusto’ è terribile“. Una presa di posizione da applausi, per quanto rara da parte di un grande attore della scena internazionale. Ormai, infatti, il panorama dello showbiz è quasi totalmente allineato a quella stessa ideologia contestata da sir Anthony, come si evince dalle posizioni politicamente corrette di cui le celebrità di Hollywood (e talvolta pure quelle meno blasonate di casa nostra) sono spesso portatrici sane.

Secondo Hopkins, il film di cui è stato recentemente protagonista dovrebbe invece diffondere un messaggio diverso: “Se non ascoltiamo l’altro lato della storia siamo condannati per sempre“. Riflettendo ancora sul presente, l’83enne attore britannico ha poi espresso un’ulteriore considerazione. “Viviamo in una società, in un mondo, virtuosi. La virtù di essere nel giusto, di una ideologia, di aver messo al potere un certo governo. Le persone che si attengono a questo standard dicono: ‘Ti sbagli, io sono nel giusto’. Ebbene, quella virtù è l’assassino. Basta guardare agli orrori degli ultimi cento anni. Milioni di russi massacrati da Hitler, Mao Zedong e la strada verso la grande utopia, un bagno di sangue“.

Sir Antony ha inoltre confidato di essere così forte a 83 anni per “una particolare forma di auto tortura che ho subito molti anni fa“. Al riguardo, l’attore ha racccontato: “Non sapevo molto e pensavo di sapere tutto. Un giorno mi sono avvicinato alla morte e sono cambiato, all’improvviso ho dato valore alla mia vita. E nel corso degli ultimi 50 anni ho cercato di concentrarmi per valorizzare ogni momento della vita“. Infine, un incoraggiamento ai giovani: “Le persone mi fanno domande serie sulla recitazione; no, non è importante. È solo un intrattenimento decente, ed è possibile che invii qualche messaggio. Vivere è importante, ridere, rispettare gli animali, i bambini, ogni forma di vita. Nessuno di noi sa cosa c’è oltre la vita, l’ateo come il religioso. Ma preferirei scommettere sull’idea spirituale che forse c’è qualcosa, oltre questa strana illusione che chiamiamo vita. Come Socrate, so di non sapere nulla e mi godo tutto. Se c’è qualcosa dopo questa vita sarà meraviglioso, se non lo è, così sia“.

Repubblica, legittimamente, ha deciso di titolare su questo (“È bellissimo far ridere la gente di questa cosa ridicola chiamata vita“) e – chissà perché – non sulle ben più fragorose e significative affermazioni dell’attore contro la cancel culture e la dittatura del pensiero unico.

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