Don Massimo Biancalani è il parroco di Vicofaro, a Pistoia. È, per dirla alla don Andrea Gallo, un “prete di strada”. Un sacerdote moderno che pare più attento ai problemi sociali, in particolare all’accoglienza dei migranti, che a prendersi cura delle anime del suo gregge.
Tant’è che i fedeli sono disperati e, solo qualche giorno fa, durante una visita del vescovo, hanno affisso uno striscione per chiedere un vero parroco. Uno, per capirci, che passi più tempo in confessionale e meno a girovagare per star dietro ai suoi “ospiti”. Già, perché i problemi derivanti da un’accoglienza indiscriminata sono molti. E il primo, più che di ordine pubblico, ha a che fare con la fede. I suoi parrocchiani, infatti, non riescono più a entrare in chiesa, che è diventata di uso quasi esclusivo dei migranti. Tranne la domenica, per la Messa. Ma i fedeli di Vicofaro sono ormai spariti: sono ridotti a una decina contro i 150 della gestione pre Biancalani. C’è poi l’aspetto sicurezza. Secondo diverse segnalazioni, infatti, nei locali della chiesa si spaccerebbe e verrebbero compiute anche vere e proprie violenze. Senza contare i migranti che scappano e dei quali si perde traccia. Fantasmi, senza nome e senza storia che, potenzialmente, rappresentano un problema di sicurezza per tutto il Paese.
Ma perché don Biancalani agisce così? Perché è il frutto di una nuova Chiesa, nata dopo il Concilio Vaticano II, che è più attenta all’umano che al divino. Che è ormai ridotta a fare l’ong, come dimostra il caso Casarini&Co, al posto di prendersi cura delle anime. Del resto, don Biancalani, sulla scia di don Lorenzo Milani, ha scritto un libro intitolato Disobbedisco & accolgo, pubblicato dalle edizioni San Paolo e con la prefazione, ovviamente, di Diego “Zoro” Bianchi. Dalla quarta di copertina sappiamo che “la scelta di don Biancalani è stata messa in discussione da una parte della Chiesa e non è stata compresa da una parte dei parrocchiani, che si sono allontanati silenziosamente. Nonostante tutto questo, l’esperienza di Vicofaro non si è mai interrotta. Si continua a combattere per la giustizia sociale e contro leggi non giuste. Anche mettendo in atto una disobbedienza civile che oggi è diventata un’arma importante per difendere l’umanità e il Vangelo”.
Come abbiamo detto, la scelta di don Biancalani ha decimato i fedeli. E già questo basterebbe per giudicare il suo operato. Inoltre, non è vero che la sua decisione non è stata compresa da una parte della Chiesa. La verità è che il prete di strada che ha scelto di mettersi contro la Chiesa stessa e i suoi insegnamenti. Certo, si dirà che sta seguendo la via tracciata da papa Francesco. È vero. Ma è altrettanto vero che sia Benedetto XVI sia Giovanni Paolo II hanno parlato del diritto a non emigrare e di un’accoglienza basata sul buonsenso. Non così per don Biancalani, che rappresenta la frangia più a sinistra della Chiesa. Quella della rivoluzione. Che, non a caso, afferma che l’obbedienza non è più una virtù. Non c’è più nessuna autorità, nessuna gerarchia. Solo la coscienza, intesa in senso soggettivo. Faccio una cosa perché “sento” che è buona e non perché lo è oggettivamente. Combatto le leggi perché le reputo “ingiuste”, un altro modo per dire che non piacciono, e non perché lo siano oggettivamente. Un esempio: don Biancalani è, almeno sulla carta, un sacerdote cattolico. Dovrebbe quindi alzare la voce contro le legge su divorzio e aborto. Dovrebbe dire che sono oggettivamente ingiuste. Ma non lo fa. Perché? Perché si impegna solo a difendere i migranti e non si oppone a quelle leggi che si oppongono a quella che dovrebbe essere la sua fede? Perché, probabilmente, queste questioni non gli interessano. Oppure perché, e questo sarebbe ancora più tragico, reputa giuste le leggi sul divorzio e sull’aborto.
Di fronte a tanti “preti di strada” come don Biancalani ci si dovrebbe chiedere se sono ancora cattolici oppure no. Se la Chiesa, da ospedale da campo, non si sia trasformata in un grande lazzaretto. Dove la fede muore. Giorno dopo giorno.