Siamo sempre meno. La popolazione in Italia è scesa sotto i 59 milioni (come 16 ani fa), con un calo di quasi 33mila persone rispetto al 2021 e 7mila bebè in meno.
La fotografia dell’Istat racconta di un Paese al rallentatore. Che arranca dalla pandemia e perde la voglia di mettere al mondo figli. Tanto che l’associazione Pro Vita & famiglia lancia un appello: «Come il governo ha proposto un piano Mattei per l’Africa, allo stesso modo – spiega il presidente Jacopo Coghe – andrebbe proposto un piano per una crescita delle nascite, servono interventi strutturali sul tema della natalità e della famiglia. Un piano per sostenere le coppie che desiderano avere un figlio e che oggi vedono questo desiderio come una grande difficoltà, come un passo insormontabile da compiere».
Si cerca così di «curare» la sindrome delle culle vuote. Nel 2022 in Italia sono nati 393mila bambini residenti: c’è stato quindi un calo di 7mila nati vivi rispetto al 2021 (-1,7%), ma sono ben 183mila in meno (-31,8%) rispetto al 2008, l’anno in cui il numero dei nati vivi registrò il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila. I nati da genitori entrambi stranieri sono 53mila e costituiscono quindi il 13,5% del totale dei nati, con un’incidenza più elevata nelle Regioni del Nord (19,3%) dove la presenza straniera è più radicata. La diminuzione delle nascite è in parte determinata dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni), oltre che dalla continua diminuzione della fecondità, legata anche alla continua posticipazione dell’esperienza della maternità che si tramuta sempre più in una definitiva rinuncia. A contribuire al calo anche le coppie che si spezzano, un dato in linea con lo scorso anno: le separazioni sono state 89.907 e i divorzi 82.596(-0,7%). Il censimento sulla popolazione rileva anche che a contenere i numeri del calo demografico sono gli stranieri, uno su dieci: «Sono 5,1 milioni, il 2,2% in più rispetto al 2021. La popolazione straniera, di 5,1 milioni, corrisponde ormai quindi all’8,7% del totale». Il calo di popolazione presenta comunque un’intensità minore sia rispetto al 2021 (-3,5 per mille), sia soprattutto rispetto al 2020 (-6,7 per mille), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato il processo di declino iniziato già nel 2014. Il decremento demografico 2022, tuttavia, interessa quasi esclusivamente il Mezzogiorno (-3,8 per mille). Altro sintomo del cambiamento in atto. I grandi comuni resistono ma in quelli piccoli il calo di residenti si è fatto sentire parecchio. Ad aver perso maggiormente popolazione, rispetto all’anno precedente, sono i comuni con massimo 5mila abitanti. Che rappresentano però ben il 70% dei Comuni italiani. Tra i 44 Comuni con oltre 100mila abitanti, invece, la metà guadagna popolazione. Tra questi, a registrare il maggior saldo positivo rispetto al 2021 sono Milano, Roma e Parma. Il comune con più residenti resta Roma, mentre il più piccolo con soli 32 abitanti è ancora Morterone, un paese in provincia di Lecco.
Il racconto per tabelle dell’Italia narra anche di un Paese sempre più vecchio: l’età media a fine 2022 si attesta a 46,4 anni (nel 2021 era pari a 46,2 anni). Continua a crescere l’indice di vecchiaia (che misura il numero di persone di 65 anni e più ogni 100 giovani di 0-14 anni), che passa dal 187,6% del 2021 al 193,1% del 2022 (e che era pari al 148,7% nel 2011).