– Chiara Ferragni di nuovo nella bufera, stavolta per le uova di Pasqua della Dolci Preziosi. A leggere il racconto di Selvaggia Lucarelli, e le dichiarazioni delle associazioni e delle aziende coinvolte, pare proprio che il sistema utilizzato dalla influencer fosse ben congegnato. In sintesi: faccio un’operazione commerciale di sponsorizzazione, costringo l’azienda che acquista il mio marchio a fare una donazione (perché non pensarci personalmente?) e poi comunico al mondo che con questi prodotti sia la società che la Ferragni “sostengono” una qualche attività caritatevole. Tutti, o molti, capiscono che il ricavato andrà in beneficenza e acquistano allo scopo di partecipare all’asta benefica. Boccaloni. Se è davvero successo sia nel 2021 che nel 2022 a Pasqua, oltre ai famosi pandori di Natale, allora si fa davvero fatica a immaginare che “l’equivoco” sia frutto di totale “buona fede”. Altro che “errore di comunicazione” a cui porre rimedio con un milioncino in donazione. Qui c’è puzza di bruciato.
– Il modus operandi dei Ferragnez sembra ormai questo: faccio una scemenza o mi beccano con le mani nella marmellata? Parte subito il riflesso condizionato della donazione. Ricordate? Accadde in occasione del compleanno di Fedez dentro un centro commerciale a City Life: i due influencer lanciarono cibo provocando l’indignazione della rete, si consultarono in diretta e annunciarono una donazione ai più bisognosi. “Scusate”, “spero capiate” e tanti cuoricini dai fan. Poi è stata la volta del pandoro: quando anno scorso Lucarelli tirò fuori la notizia, dopo non molto tempo Chiara decise di donare in beneficenza il cachet di Sanremo. Adesso, stesso identico sistema: l’Antitrust la multa, lei è nella bufera e trova una via d’uscita con un versamento caritatevole da 1 milione di euro. Beneficenza lava coscienza. Ma non è così che funziona la solidarietà.
– Leggendo attentamente il dispositivo dell’Antitrust contro Chiara Ferragni, occorre anche dire che in ben due passaggi (sia nella nota difensiva della Balocco che in quella delle società della influencer) si ammette che l’operazione di sponsorizzazione fu un disastro: tanti pandori invenduti e zero margine per l’azienda. La domanda è: ma siamo sicuri valga la pena investire su di lei?
– Trovo invece arrogante, e non poco, il tentativo delle società di Ferragni di “giustificare” la propria partecipazione diretta alla donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino affermando che il supporto al nosocomio si sarebbe “concretizzato in una visibilità gratuita per l’Ospedale e per le sue attività a favore della ricerca sui tumori infantili ossei”. Signora Ferragni, ci spiega cosa ci fa un ospedale con la visibilità su Instagram? Risposta facile: niente. Come nulla ci guadagnano i bambini malati di cancro.
– Fa sganasciare dal ridere Fiorello, che di Chiara non è un nemico dichiarato. A Viva Rai2 ha detto: “È già pronto il documentario sulla vicenda, se lo stanno litigando Prime e Disney mentre RaiPlay non ce la fa con i soldi. Il titolo c’è già, è ‘Assegnez’!”. Genio.
– E se Chiara Ferragni non sapesse comunicare? Sarebbe un paradosso incredibile. Eppure di scivoloni, per una che di mestiere presta la sua immagine per vendere qualcosa, ne ha commessi a bizzeffe. Il comunicato con cui quattro giorni fa annunciava il ricorso al Tar contro la multa dell’Antitrust è stato un pasticcio mica da niente, cui infatti ha cercato di rimediare con un altrettanto poco convincente video in cui parla di “errore di comunicazione”, “mancata vigilanza” e “buona fede”. Il tutto, però, senza preoccuparsi di controllare le attività passate, vedi le uova di Pasqua, che – scoperte dai giornali – distruggono in meno di 24 ore il pentimento lacrimevole della influencer.
– Questa storia dei ribelli Houthi sarà meno interessante del pandoro-gate, ma molto più importante. Sintesi: nel Mar Rosso, per la precisione nello stretto tra Yemen e Gibuti, questi ribelli sciiti (sostenuti dall’Iran) hanno iniziato ad attaccare le navi mercantili. Prima quelle israeliane, in risposta a quanto accade a Gaza. Adesso un po’ a casaccio. Gli Usa hanno mandato già una nave, l’Italia sta facendo altrettanto e si prepara una coalizione internazionale. Perché? Semplice: perché quella è una delle rotte più trafficate del mondo, soprattutto per il commercio di petrolio e per le catene di approvvionamento delle aziende europee. E se la navi non entrano nello stretto per il timore di essere abbattute, o preferiscono circumnavigare l’Africa, il rischio è che i ritardi si ripercuotano sul costo dell’energia. Cioè sulle nostre bollette.
– Il rettore di UniSalento, Fabio Pollice, tenta di alzarsi l’indennità che gli spetta come capo dell’Ateneo facendola salire da 25mila euro a 121mila. Scoppia la polemica e alla fine rinuncia. Ma sbaglia. Non solo perché l’adeguamento è previsto dalla legge ma anche perché 25mila euro per un rettore è oggettivamente una cifra irrisoria. Il lavoro va pagato.
– Fondamentale ricerca dell’Università di Chicago secondo cui la carne bovina e ovina, cioè quella rossa bella grondante di sangue, contiene un nutriente (l’acido trans vaccinico) che migliora la risposta immunitaria al cancro. Direte: embé? Primo: questa ricerca va contro l’Oms secondo cui la bistecchina conterrebbe sostanze “probabilmente cancerogene”. E poi dà un pugnetto in faccia ai talebani verdi e agli ossessionati dal veganesimo, che ogni tre per due cercano di spacciare la carne animale come il più grande nemico dell’uomo. Quindi – pur evitando gli eccessi – viva la fiorentina, possibilmente poco cotta.
– Condannati i genitori di Saman Abbas, la giovane 18enne pachistana uccisa perché voleva vivere all’occidentale. Il padre era stato estradato e ha partecipato all’udienza. La madre invece è ancora latitante. “Giustizia è fatta”, dice qualcuno. E forse è vero. Ma per esultare aspetterei comunque tutti gradi di giudizio.
– La grande idea di Nicola Fratoianni, leader della sinistra, sarebbe questa: per evitare un nuovo caso Ferragni, alziamo le imposte. Non sto scherzando: “Servono tasse più alte per i ricchi di modo che non serva la beneficenza”, spiega, “la redistribuzione è una cosa seria”. Mette i brividi.
– Nel determinare l’assegno di divorzio, secondo una recente e storica sentenza della Cassazione, conta anche la convivenza pre-matrimoniale. Mia moglie è avvisata.