“Fallito il boicottaggio dell’economia russa”. Così Putin ha ingannato l’Occidente

Ma Putin (a parole) ha già vinto la guerra

Nuova tegola per Kiev e per la coalizione di Paesi impegnata a sostenere gli sforzi dell’Ucraina per resistere alla guerra d’aggressione scatenata da Mosca. Il New York Times ha pubblicato infatti una lunga inchiesta che svela come sia fallito il tentativo di boicottaggio dell’economia russa intrapreso da centinaia di aziende occidentali dopo il 24 febbraio 2022. Inoltre, contrariamente alle previsioni, il ritiro delle attività straniere dalla Russia avrebbe permesso al regime di Vladimir Putin di fare cassa attraverso la stipula di accordi vantaggiosi evitando così il collasso del sistema economico e contribuendo a finanziare le attività militari. Una notizia che si aggiunge ai deludenti risultati raggiunti dalla controffensiva lanciata da Volodymyr Zelensky.

“Lasciate la Russia e fate in modo che non ricevano un centesimo”, aveva detto il presidente ucraino all’inizio del conflitto rivolgendosi agli operatori economici presenti nel territorio del vicino aggressore. Un appello a cui avevano aderito in massa marchi come Ikea, Toyota e Starbucks. La chiusura di McDonald’s aveva fatto notizia come una moderna Dunkirk. La catena di fast food aveva aperto il suo primo ristorante a Mosca nel 1990 e il suo arrivo aveva rappresentato per molti abitanti dell’allora Unione Sovietica il primo vero contatto con la cultura americana. A distanza di 32 anni la cessazione delle sue attività confermava l’inizio di una nuova difficile epoca nelle relazioni tra la Russia e il resto del mondo allineato con gli Stati Uniti.

La speranza delle nazioni alleate dell’Ucraina era che la pressione esercitata sull’economia del nemico avrebbe determinato un ripensamento della strategia militare di Putin. Diversi osservatori facevano notare come fosse stato proprio il boicottaggio delle imprese, più che le sanzioni, ad aver accelerato la fine dell’apartheid in Sudafrica. E in effetti in una fase iniziale sembrava che tale piano potesse funzionare. La borsa di Mosca era rimasta chiusa per quasi un mese e il valore del rublo era precipitato. A quel punto però lo zar aveva ripreso il controllo della situazione approvando restrizioni ai movimenti di denaro all’estero e stabilendo stringenti condizioni alle compagnie occidentali che volevano lasciare il Paese.

Prezzi di vendita stracciati, compratori approvati dal Cremlino, attività cedute allo Stato o ad alleati del presidente, “uscite” soggette ad una pesante tassazione e segnate spesso da intimidazioni. Queste le misure adottate dalla Russia per stabilizzare l’economia, un processo completato in pochi mesi che avrebbe permesso al Paese di finanziare anche gli sforzi bellici contro l’Ucraina.

Dall’altro lato della barricata, il New York Times riferisce che dall’inizio del conflitto le compagnie occidentali che hanno annunciato il ritiro avrebbero riportato perdite per più di 103 miliardi di dollari. E Mosca gongola. L’ex presidente Dmitry Medvedev a proposito di uno dei tanti accordi capestro imposti agli operatori esteri ha dichiarato che “un budget forte significa un aiuto per il fronte”. “Pensavano che qui tutto sarebbe crollato? Non è avvenuto niente di tutto ciò. Sono arrivate le aziende russe e siamo andati avanti” ha commentato Putin poche settimane fa.

Nonostante il regime abbia dimostrato un’inaspettata resistenza, il boicottaggio occidentale ha comunque lasciato segni sull’economia rafforzando l’immagine di uno Stato paria. Inoltre, le iniziative adottate dal Cremlino avrebbero confermato l’impressione di un ambiente ostile alle imprese. Insomma, lo zar potrebbe aver segnato qualche punto a suo favore ma sul lungo termine potrebbero emergere delle sorprese inaspettate.

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