L’incredibile corsa di Ferrari in Borsa non accenna a rallentare. Dall’epico debutto (prima a Wall Street e poi a Piazza Affari il 4 gennaio 2016) fino ad oggi, la rossa ha sfoggiato una performance da record, con un sorprendente aumento del 652% e del 64% dall’inizio del 2023. L’impennata, che ha sedotto gli investitori lungo l’intero anno, ha superato di oltre tre volte il trend del settore automobilistico europeo. D’altra parte, l’anno scorso, la casa di Maranello ha venduto 13.221 auto, con un incremento del 18,5% rispetto al 2021. Un successo che si è trasformato in una pioggia munifica per gli azionisti, piccoli e grandi. Volendolo quantificare per l’azionista di riferimento, la Exor della famiglia Agnelli che controlla il 24,44% delle azioni ordinarie e il 36,35% dei diritti di voto, possiamo concludere che, sulla base del capitale in circolazione (181,9 milioni di titoli a fine 2022) tra il primo prezzo di gennaio 2016 e il massimo di metà dicembre, la famiglia torinese abbia valorizzato la quota di oltre 11 miliardi. Si tratta di un calcolo teorico, ma comunque molto vicino al reale, perché l’Ipo fu il frutto dello scorporo da Fca con conseguente assegnazione delle nuove azioni «Race» (il ticker di Wall Street; ndr)ai vecchi azionisti in base a una data percentuale di concambio.
Calcoli a parte, anno dopo anno il titolo di Maranello aggiorna nuovi record sorpassando indenne recessioni, pandemie, guerre, costi energetici, risultati sportivi deludenti. Merito del fatto che Ferrari, grazie all’operazione immagine avviata da Luca di Montezemolo quando ne era presidente e a Sergio Marchionne che ne ha esaltato la posizione sul mercato, più che un titolo dell’automotive oggi Ferrari è considerato un brand del lusso più estremo, ma soprattutto un bene che da sempre fa dell’effetto scarsità il suo segreto. «Venderemo sempre un’auto in meno rispetto alla domanda del mercato» è il mantra del suo fondatore Enzo Ferrari e dei manager che hanno guidato il gruppo negli anni. Il potere della scarsità rappresenta dunque il vero motore di Ferrari. «La casa automobilistica produce vetture esclusive e prestigiose, ma in quantità limitate. Una tattica che crea non solo desiderio, ma aumenta anche il valore percepito dai potenziali acquirenti. Con un margine lordo che al terzo trimestre si posizionava leggermente al di sotto del 50% e un margine operativo al 27%, il distacco dai competitor è ben evidente», commenta con il Giornale Gabriel Debach, market analyst di eToro. «La forza di Ferrari che capitalizza 59,8 miliardi, oltre i 50 miliardi di un colosso come Eni è indiscutibile. E il futuro, con il gruppo che ormai campeggia nell’EuroStoxx 50, sembra ancora più promettente: Barclays in un recente report vede il titolo a quota 400 euro, Hsbc e Bnp Paribas a 340 euro.
Non solo: il libro degli ordini di Ferrari è completamente esaurito fino al 2024/25. «Questa eccezionale domanda anticipata non solo assicura una crescita sostenuta dei profitti, ma funge anche da scudo contro le incertezze macroeconomiche, la volatilità dei consumatori e le fluttuazioni dei tassi di interesse», spiega l’esperto.
Nonostante bilanci solidi e una qualità degli utili ineccepibile, con flussi di cassa superiori agli utili netti, rendimenti del capitale investito elevati e utili per azione costantemente in crescita, i multipli di quotazione suggeriscono comunque cautela. Ora l’azienda sta per rivelare la sua prima auto elettrica nel 2025, ma molti si interrogano su cosa accadrà quando il tradizionale ruggito, che è parte del successo della rossa, si sarà probabilmente trasformato in un sibilo impersonale. Basteranno a confermarlo la livrea rosso fiammante e il cavallino rampante, emblema dell’aviatore Francesco Baracca scelto da Enzo Ferrari come simbolo della sua prima scuderia? Domande non prive di suggestione.