La controffensiva ucraina e i dubbi sullo sbarco dei soldati: “Missione suicida”

La controffensiva ucraina e i dubbi sullo sbarco dei soldati: "Missione suicida"

La maggior parte delle operazioni offensive ucraine si sono fermate. Lungo il fronte orientale, le forze armate di Kiev sono impegnate a respingere i rinnovati assalti dell’esercito russo. Solo tra le rive del Dnipro i soldati del Paese invaso tentano ancora di sfondare le fortificazioni nemiche, in una missione che i combattenti in prima linea hanno definiti “inutile e suicida”.

Negli ultimi due mesi i marine ucraini hanno guidato l’assalto alla sponda destra del fiume, l’ultimo tentativo dello Stato maggiore di Kiev di ribaltare la situazione nella parte meridionale del teatro di guerra e sfondare le difese russe. La maggior parte dei combattimenti si sono concentrati attorno al villaggio di Krynky. Secondo le testimonianze raccolte dal New York Times, la situazione per gli attaccanti è drammatica. “Eravamo seduti in acqua di notte e siamo stati continuamente bombardati. I miei compagni stavano morendo di fronte ai miei occhi”, ha raccontato uno dei soldati, Maksym.

Altri suoi commilitoni hanno descritto uno scenario di combattimento infernale, un’offensiva brutale e futile durante la quale le unità ucraine sono state colpite ancora prima di completare l’attraversamento del Dnipro. Coloro che riescono a sbarcare si ritrovano in mezzo a isole paludose, torrenti e prati ridotti ad un pantano fangoso e punteggiati da crateri di bombe pieni d’acqua. Un quadro che ricorda molto i campi di battaglia della Prima guerra mondiale.

Le persone che finiscono lì non sono preparate psicologicamente. Non capiscono nemmeno dove stanno andando, perché non gli viene detto dal comando”, ha commentato un altro soldato, Oleksiy. “Non ho visto nulla di simile a Bakhmut o Soledar. È un vero spreco”. Il militare ha raccontato anche che i rinforzi arrivati sulla riva orientale si sono trovati a camminare in mezzo ai cadaveri dei loro commilitoni, il cui recupero è reso impossibile dall’intenso fuoco di artiglieria russo. “La riva sinistra è veramente difficile. Coloro che vanno lì sono dei veri eroi, uomini con una grande forza d’animo”, ha aggiunto Volodymyr, un altro degli intervistati.

I racconti di questi uomini cozzano con la narrativa ufficiale del governo ucraino, secondo cui le forze armate sono riuscite a creare diverse teste di ponte e avamposti lungo la sponda. Un tentativo, questo, di mantenere alto il morale delle truppe e mostrare agli alleati occidentali che Kiev può ancora ottenere successi importanti contro l’invasore. “Non esistono punti di osservazione o posizioni. È impossibile ottenere un punto d’appoggio lì e spostarvi materiale. Non è nemmeno una battaglia per la sopravvivenza, è una missione suicida”, ha dichiarato Oleksiy, che ha addossato la colpa della decimazione del suo battaglio alla poca preparazione dei comandanti e alla loro pessima gestione della logistica. Certo, i russi sono stati costretti a spostare truppe dal fronte di Zaporizia per rinforzare il settore del Dnipro, ma la loro superiorità aerea e di artiglieria ha reso impossibile ai soldati ucraini di ottenere progressi significativi.

Il marine Maskym ha raccontato che i bombardamenti nemici erano talmente intensi che il suo plotone non è riuscito ad avanzare dalla cantina in cui si era rifugiato. Dopo aver subito pesanti perdite, è arrivato all’unità l’ordine di evacuare, ma la ritirata si è trasformata in un disastro. “Era una palude”, ha detto il militare, che ha dovuto aspettare per tre ore l’arrivo delle barche che avrebbero dovuto portare in salvo lui e i suoi compagni. “Non avevamo altra scelta che cercare di mantenere una posizione difensiva al meglio delle nostre possibilità. E in quel momento erano già tutti feriti”. I mezzi di evacuazione sono arrivati lentamente, uno alla volta. “La riva sinistra è come il purgatorio. Non sei morto, ma non ti senti vivo. Dei dieci uomini del mio plotone, metà sono morti o dispersi. Degli altri, nessuno è sopravvissuto senza ferite”.

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