Non si placa l’ondata di sdegno e rabbia nei confronti di quello, o quelli, che nei giorni scorsi hanno scuoiato vivo un gattino ad Angri nel Salernitano, chiamato poi dai veterinari Leone, per la forza con cui ha combattuto, deceduto dopo 4 giorni di atroce agonia. Il o i colpevoli non hanno ancora un volto, un nome, ma a sono in tanti quelli che si stanno attivando affinché vengano scoperti e puniti secondo legge, anche se basta leggere sui social per capire cosa questo atto vile ha provocato nell’opinione pubblica e quali altri tipi di pene si invocano.
La ricompensa in denaro
Novità di questi ultimi giorni una taglia di 13mila euro, decisione dell’associazione animalista che opera nel canile di Cava de’ Tirreni che sarà versata a chi trova il colpevole delle torture che hanno poi provocato la morte del gatto. “Scuoiato vivo e lasciato agonizzante in strada. Non è solo orrore, disprezzo e sdegno quello che proviamo ma anche paura all’idea che gente così sia a piede libero e rabbia perché le conseguenze per chi compie certe oscenità non sono mai sufficientemente proporzionate alla gravità dei fatti“. Così si è espressa Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Enpa (Ente nazionale protezione animali) che attraverso il suo ufficio legale e l’avvocato Enpa Claudia Ricci ha presentato denuncia dopo la morte del gatto.
“Come Ente nazionale protezione animali abbiamo presentato denuncia contro ignoti affinché questa morte atroce – spiega ancora Rocchi – non cada nel vuoto. Contiamo sul lavoro delle forze dell’ordine e chiediamo l’aiuto di tutti. Se qualcuno avesse visto qualcosa si faccia avanti, anche in forma anonima. La persona che ha commesso un atto così crudele è una persona pericolosa. Per questo anche stavolta chiediamo ancora una volta che venga riconosciuta la pericolosità sociale per chi compie questi reati contro gli animali. Ogni giorno rimandato – conclude – potrebbe significare la condanna di una donna, di un uomo, di un bambino o di un altro animale. Bisogna agire subito”.
Il profilo del killer delineato dalla psicoterapeuta
L’opinione sulla pericolosità del soggetto che ha compiuto questo atto, non è solo quella del presidente dell’Enpa, oggi Il Messaggero, a proposito della vicenda, ha intervistato la psicoterapeuta Virginia Ciaravolo che ha tracciato quello che potrebbe essere il profilo del killer. Dalle sue parole si comprende quanto questa persona potrebbe essere socialmente pericolosa.
“È un indice di crudeltà immane, mancanza di empatia. Noi che ci occupiamo di violenza di genere mettiamo tra le caratteristiche di quello che potrebbe sviluppare in futuro delle violenze nei confronti delle donne gli uccisori di animali, per cui è un indicatore per noi molto importante“, spiega la dottoressa.
Ma non soltanto, arriva a definire questa persona sadica e priva di empatia. “Ho guardato il video e si vede il gattino che ha sofferto veramente le pene dell’inferno, che si lamentava e miagolava all’inverosimile. Per cui si presume che dall’altra parte ci sia un godimento, quindi un sadismo immane. Persone che non sottostanno alle regole. Sicuramente una persona pericolosa in divenire, lo è già oggi. Perché quello che ha compiuto è un fatto nefando. Ha grosse possibilità di diventare in un futuro prossimo un violento, se non lo è già“.
Non era la prima volta che lo faceva…
“Questo tipo di crudeltà mi fa venire in mente che probabilmente coloro o chi ha compiuto questo gesto non era sicuramente alla prima esperienza – spiega ancora la psicoterapeuta a Il Messaggero – il gatto è l’animale per eccellenza indipendente, autonomo, che non ci lascia fare coccole. Quindi anche tenerlo si presume che ci sia una presa, che sia comunque una persona abituata a mantenere un’animale. Probabilmente chi lo ha fatto, lo ha fatto anche in precedenza. Ed è per questo che di fondamentale importanza trovare il responsabile o i responsabili“.
Una persona altamente pericolosa
“Il profilo di chi ha commesso questa nefandezza ritengo sia altamente pericoloso perché il passaggio dall’animale all’umano e molto facile. La distanza è flebile“, sottolinea in maniera importante. Intanto domenica 17 ci sarà ad Angri una fiaccolata per chiedere a gran voce giustizia e ricordare Leone. L’appuntamento è alle ore 18 dalla chiesa di Sant’Antonio in via Orta Loreto nel piccolo comune salernitano.
I volontari dell’Ambulatorio di Cava de’ Tirreni, che si sono occupati del cucciolo, hanno scritto in un post su Facebook: “Leone é il gatto di tutti e se avete sentito sulla pelle il suo stesso dolore domenica ci sarete”. “Portate con voi una candela” si legge in un altro post che ha fatto il giro del web.
Anche il sindaco di Angri ha voluto dire la sua sulla vicenda che ha sconvolto tutti i cittadini: “Da parte nostra, faremo tutto il possibile per rendergli giustizia e per evitare che cali l’attenzione. Chi ha infierito così chirurgicamente su Leone sapeva cosa stava facendo e ora la deve pagare per questo atto di pura brutalità e inciviltà”.
Inasprire le pene
La triste storia di Leone, ha riportato all’attenzione una richiesta che arriva a gran voce da parte di milione di persone, quelle di punire più severamente chi compie atti criminali nei confronti degli animali. Attualmente la legge 189/04 è stata la prima che ha introdotto il crimine per l’uccisione di un animale, rendendo penalmente perseguibile chi compie questo delitto. Walter Caporale, presidente di Animalisti Italiani Onlus ha però commentato: “La storia di Leone è un grido d’allarme che non può passare inosservato. Chiediamo leggi più severe e punizioni più stringenti per chi commette reati contro gli animali. Da tempo ci battiamo per una normativa che fornisca loro una tutela più incisiva: bisogna inasprire le pene detentive e le sanzioni pecuniarie.
Per gli animali, con l’attuale dispositivo normativo, il reato di uccisione resterebbe sicuramente impunito. Giustizia non sarà mai fatta in Italia fino a quando chi inizia torturando animali non farà un giorno di carcere”. Per chiedere l’inasprimento delle pene per le violenze contro gli animali e nei casi più gravi, che l’arresto non sia commutabile con una pena pecuniaria, la onlus ha diffuso una petizione sottoscrivibile a questo link.