«La separazione delle carriere era nel programma di governo e si farà». È sul finire del confronto, che ieri alla festa di Fratelli d’Italia ha visto discutere (e punzecchiarsi) il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che il Guardasigilli Carlo Nordio piazza una pietra tombale sulle polemiche attorno al timing delle riforme, in particolare quella della Giustizia, slittata per dar precedenza all’elezione diretta del presidente del Consiglio. E lo fa, Nordio, aggiungendo un personalissimo j’accuse contro il funzionamento odierno delle procure: in cui «il pm indaga nella direzione che vuole e la discrezionalità dell’azione penale è diventata arbitraria, quasi capricciosa».
La linea Nordio è chiara: separare le carriere non è un vulnus alla democrazia, c’è in tutti i Paesi democratici, aveva detto poco prima al Congresso forense aprendo al dialogo: «Non abbiamo corsie preferenziali né pregiudizi». Renzi ad Atreju lo definisce «un galantuomo». Dall’opposizione ha accettato l’invito alla kermesse della destra («mi siedo a sinistra in sostituzione di Schlein che non poteva venire», ironizza l’ex premier), e lancia un messaggio alla maggioranza: «Ora la questione vera è lasciar Nordio lavorare». Strizzate d’occhio sulla riforma (che Renzi sposa al 100%) e schermaglie con Delmastro (osannato dai giovani in platea): «Non avrei mai dato quel materiale a Donzelli – dice Renzi riferendosi alle conversazioni dal carcere dell’anarchico – perché non si tiene un cecio in bocca». Il sottosegretario rilancia: «Perché l’avremmo dovuto secretare? Perché quelli con cui tu hai governato fanno le cose e non vogliono che si sappia? Io non vado a trovare Cospito in galera».
La sala è piena. Il clima si surriscalda. Ognuno degli ospiti ha fra le mani il dossier giustizia: perché se ne occupa in Commissione come Ciro Maschio (Fdi) che presiede la 2° alla Camera o perché è anche avvocato, come Delmastro o la senatrice leghista Giulia Bongiorno (a favore dei test psico-attitudinali per i magistrati). O perché con procure e intercettazioni ha avuto a che fare, come Renzi che polemizza con «una destra un giorno giustizialista e un giorno garantista». «Avete infierito sulle famiglie degli altri su banca Etruria e Open, io no, voi sì, ma oggi abbiamo l’occasione di chiudere la guerra giustizialismo contro garantismo». Renzi dice che Delmastro non si dovrebbe dimettere per un avviso di garanzia. Poi l’autocritica: «Abbiate il coraggio di andare in fondo a quelle cose che io non riuscii a portare a termine quando Nordio era ancora a Venezia e io a Palazzo Chigi». In assenza di esponenti di Forza Italia che del garantismo han sempre fatto un totem, il centrista pungola i meloniani. Nordio non indietreggia. Da magistrato ricorda che quando la Costituzione fu promulgata c’era un codice inquisitorio, il Rocco; 40 anni dopo è entrato in vigore il Vassalli, accusatorio, di ispirazione anglosassone, «ma la Costituzione è rimasta la stessa». Modifiche al codice penale e riforma del Csm sono solo rimandate, assicura: «Primo anno dedicato a giustizia civile, efficienza, obiettivi del Pnrr». Dopo il premierato si farà il resto. Nei giorni scorsi gli equilibri tra i poteri erano stati tirati in ballo dal ministro Crosetto. Ieri il titolare della Difesa ha ricevuto il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia.