Mentre la Russia rimpolpa i propri arsenali e invia rinforzi al fronte, l’Ucraina mette a punto la strategia per il 2024. Secondo il quotidiano tedesco Die Welt, “ci sono segnali che Kiev sta preparando un piano” che “ha molto a che fare con i jet da combattimento”. Inoltre, secondo l’esperto di sicurezza e consulente politico Nico Lange citato dal giornale, “gran parte dei carri armati e dei mezzi corazzati consegnati” dagli alleati occidentali “sono ancora al loro posto e molte delle armi promesse sono ancora in fase di consegna”.
Nella controffensiva dell’estate del 2023, infatti, è stato utilizzato solo il 5% di tutti i sistemi bellici forniti dal blocco Nato-Ue e solo una trentina dei 200 carri armati Leopard 1 promessi da Berlino sono stati consegnati a Kiev. Lange ha anche sottolineato che l’esercito ucraino ha cambiato tattica, evitando di mantenere posizioni per mesi come a Bakhmut e puntando sul “rallentare le truppe russe e lasciare che si dissanguino”. Una strategia, questa, che potrebbe costringere Putin a ordinare un’altra mobilitazione prima delle elezioni del marzo 2024, con il conseguente calo dei consensi.
Per quanto riguarda la questione degli aerei da combattimento, che il presidente Zelensky chiede da tempo, una coalizione di 13 Paesi sta addestrando i piloti di Kiev e il personale addetto alla manutenzione dei velivoli. Essi, però, non saranno consegnati al Paese invaso prima del 2025 e molti analisti statunitensi sono dubbiosi sul reale impatto che essi potranno avere sul campo di battaglia. Per il momento, inoltre, è sicura solo la consegna di circa una sessantina di caccia F-16, di cui 42 dai Paesi Bassi e 19 dalla Danimarca. Norvegia e Belgio ne invieranno un numero ancora non precisato.
Secondo le indiscrezioni del quotidiano tedesco, inoltre, il capo di Stato maggiore ucraino Valeriy Zaluzhnyi avrebbe accettato di condurre le operazioni offensive del 2023 solo per questioni politiche, perché non vedeva alcuna possibilità di successo senza un sufficiente supporto aereo. Sarebbe questo uno dei motivi per cui ha deciso di sostituire gli assalti alle linee fortificare russe con attacchi di piccoli gruppi di fanteria. Questo spiegherebbe anche l’inasprimento delle tensioni tra i vertici militari e politici del Paese invaso.
Tra le alte sfere dell’esercito e il presidente Zelensky, infatti, non corre buon sangue. Il comandante delle forze armate di Kiev ha dichiarato apertamente la sua contrarietà alle invasioni di campo del capo del governo, accusato di aver impartito ordini con mere finalità politiche. Un esempio è il tentativo fallito di riconquistare Bakhmut, città divenuta simbolo della resistenza ucraina, altamente sconsigliato da Zaluzhnyi. Una fonte vicina al capo di Stato maggiore ha inoltre affermato che Zelensky ha dei canali di comunicazione separati con alcuni alti ufficiali, il che crea confusione e risentimento tra i ranghi delle forze armate. Attriti costanti che, in un futuro, potrebbero trasformarsi in un vero e proprio braccio di ferro tra politici e militari, con conseguenze catastrofiche per lo sforzo bellico.