Il mio Endrigo, non potrebbe esserci titolo migliore per questo cofanetto, curato dalla figlia Claudia che tiene nelle sue mani l’archivio storico di papà Sergio, per descrivere l’opera di uno dei più poetici e versatili cantautori italiani.
Lo chiamavano il cantautore triste ma non era vero; certo non era molto espansivo e se fossimo in America definiremmo la sua opera «socially consciousness», per quanto era attento ai sentimenti, alle persone, alle varie fasi della vita. Certo a volte sentiva il peso della vita stessa, come con le parole «che fatica essere uomini», gettate come un macigno nella allegorica L’arca di Noè con cui si classificò terzo al Festival di Sanremo 1970.
Già, Sanremo, perchè Endrigo era talmente schivo che molti dimenticano la sua vittoria sanremese con Canzone per te (in coppia col brasiliano Roberto Carlos) in pieno ’68,(e l’anno dopo il suicidio di Luigi Tenco) o il secondo posto l’anno successivo con la struggente Lontano dagli occhi in coppia con l’inglese Mary Hopkins. Aveva esordito a Sanremo solo poco tempo prima, nel 1966, in gara con un altro esordiente di buone speranze che di nome faceva Lucio Battisti con il pezzo Adesso sì. Ma Sergio non ha mai puntato al successo giocando sulla qualità e sulla profondità del messaggio canoro di brani come Io che amo solo te, definita dal maestro Ennio Morricone «la canzone perfetta» e fu coverizzata da decine di artisti come Mina e Fiorella Mannoia.
È un viaggio in un mondo che sembra lontano ma che suona attualissimo, che parte con Bolle di sapone, il suo primo brano inciso come cantautore e si chiude con Altre emozioni, l’ultima canzone del 2003, due anni prima della morte. Ma Endrigo aveva già inciso il primo singolo nel 1959, con il complesso di Riccardo Rauchi, eseguendo Non occupatemi il telefono e Ghiaccio bollente. Le sue prime canzoni, oltre a Bolle di sapone, mostravano la stoffa di un artista che sarebbe andato lontano e portavano titoli come I tuoi vent’anni e La brava gente.
Il suo primo album, nel 1962, contiene una sequenza di piccoli capolavori che vanno dalla nostalgica Vecchia balera a Via Broletto 34 (storia di un omicidio passionale a Milano reincisa recentemente da Ricky Gianco per voce e contrabbasso), la realista La periferia e Il soldato di Napoleone su testo di Pasolini. Tantissime sono le canzoni da citare nei vari periodi della sua carriera, da Il treno che viene dal Sud a Lontano dagli occhi, da Mani bucate a Teresa che ebbe qualche problemino con la censura passando per Madame Guitar dedicata alla sua chitarra, a Il treno che viene dal Sud dedicata all’amico Bruno Lauzi. Numerose sono le sue collaborazioni con grandi personaggi come Vinicius de Moraes, Toquinho e Giuseppe Ungaretti. Con De Moraes condivide la canzone per bambini La casa, la cui frase «In via dei Matti numero Zero» ha dato il titolo al programma musical-culturale (appena conclusosi su Raitre attorno alle 20) del pianista Stefano Bollani. Endrigo ha inciso anche un intero album per bambini, L’arca, con numerosi ospiti e il grande successo Il pappagallo, senza dimenticare, sempre per i più piccoli, l’album Ci vuole un fiore, con lLuis Bacalov e Gianni Rodari.
Canzoni che muovono il ricordo, che si fanno sentire dentro di te ricordando un artista unico e imprevedibile (ricordiamo anche la sua intensa collaborazione con Sergio Bardotti) di cui aspettiamo, dallo scrigno di Claudia Endrigo, altri tesori.