Monte-Carlo si scopre gourmet. Al Métropole due ristoranti da scoprire

Monte-Carlo si scopre gourmet. Al Métropole due ristoranti da scoprire

A che cosa pensate quando pensate a Monte-Carlo? Al gran premio di Formula Uno? Al casinò? Agli elusori fiscali? Al gossip principesco? Al tennis? A tutto questo assieme? Ebbene, aggiungete uno skill. Monte-Carlo da qualche tempo è anche una terra (piccola) di alta cucina. Certo, qui i ristoranti di lusso non sono mai mancati. Un pubblico altospendente ha sempre giustificato la presenza di ristoranti di lusso, con ingredienti prestigiosi, “magnifici scenari” e conti importanti. Tutti elementi necessari ma non sufficienti per dire che una destinazione è gourmet. Invece da qualche anno il livello medio della gastronomia monegasca si è decisamente impennato grazie anche allo sbarco in riviera di chef di grande fama, a partire da Alain Ducasse e Yannick Alléno, che nel principato hanno aperto delle insegne supplementari rispetto alle loro case madri, oppure dei ristoranti pop up.

Uno dei principali “colpevoli” di questa gourmettizzazione di Monte-Carlo è certamente Christophe Cussac, chef di grande esperienza, allievo di Joël Robuchon, un curriculum impressionante per onori e glorie, che nel principato è di casa, e in particolare all’hotel Métropole, gioiello Belle Époque (125 camere e 64 suite) a due passi dal casinò, certamente uno degli alberghi di maggiore eleganza a Monte-Carlo. Qui Cussac da diversi anni cura ogni aspetto della ristorazione. E qui da qualche mese ha decisamente alzato con l’apertura di Les Ambassadeurs, un locale nel quale ha deciso di sciorinare tutta la sua composta sapienza, con il piglio di chi non deve dimostrare nulla, ma dar vita a una sorta di retrospettiva della sua profonda cultura culinaria, che nel corso degli anni si è andata scarnificando verso una sorta di essenzialità, nella convinzione che la perfezione non è quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da aggiungere.

Ho mangiato a Les Ambassadeurs da solo, assiso su un bellissimo bancone affacciato sulla cucina, ciò che mi ha consentito di godere dello spettacolo di arte varia di una brigata giovane e innamorata del proprio lavoro e di una sala competente e assai elegante, con la bonus track, nel mio caso, di potermi confrontare con Andrea, italiano della vicina Ventimiglia, che mi ha evitato qualsiasi rischio di “lost in translation”. Rischio comunque bassissimo grazie a un pensiero, quello di Cussac, diretto e preciso, mirato su sapori netti e assoluti. Prova ne sia la Sardina marinata al momento con caviale e limone di Mentone, uno dei piatti più espressivi di Cussac, di assoluta purezza compositiva ed estetica. E la Lasagna all’astice con dragoncello, spinaci e spianata. Il resto del pasto, che si conclude con un magnifico piccione, è un’apoteosi di colori mediterranei e tecnica francese. Una nota per i carrelli, quello del pane assolutamente gioioso e quello dei dolci così comfort, e per un grande tagliere di formaggi da cui ho scelto con difficoltà solo cinque assaggi (solo?).

Se Les Ambassadeurs la stella non ce l’ha ancora, e solo perché troppo poco tempo è passato dalla sua apertura, il macaron lo espone con orgoglio da diversi anni Yoshi, l’unico giapponese di questo livello a Monte-Carlo. Un luogo elegante e sommesso, un piccolo scrigno disegnato dal designer francese Didier Gomez con un uso sapiente del legno, della pietra, della seta, in uno spazio che è armonioso e accogliente, e che si avvale anche di un giardino in stile orientale progettato dal paesaggista Jacques Messin.

La cucina è affidata al solido Takeo Yamazaki, che mi ha fatto assaggiare, dopo alcuni snack utili a tarare il palato sui registri spericolati dell’umami, una raffica di sushi e sashimi realizzati con materia prima freschissima e di alta qualità, una polpetta di gamberone in brodo di kombi e una doppietta di secondi davvero indimenticabili, in particolare in black cod marinato 72 ore in pasta miso sopra caramelloato e sotto cotto al forno, con foglia di oba. Davvero magnifico. Ma ottimo anche il vitello croccante Iso-katsu, alto e gustoso. I dolci sono tutti giocati sulla freschezza, sull’acidità, con un maggiore gusto per la scenografia della presentazione. Si beve attingendo da una ricca carta di bollicine, bianchi per lo più francesi e sake, il servizio è discreto e senza cerimonie. Un luogo che, davvero, esprime al massimo tutti i concetti salienti della ristorazione contemporanea: salubrità, sostenibilità, sapore, eleganza.

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