Lavoratori «telecomandati» e controllati direttamente nelle loro mansioni dalla società committente, ovvero Ups, ma i cui costi fiscali sarebbero stati invece esternalizzati e scaricati su false cooperative.
È dal calcolo dell’Iva non pagata dal 2017 al 2022 (e che sarebbe stata dovuta invece per la manodopera) che i pm di Milano Paolo Storari e Giovanna Cavalleri hanno disposto ieri – con l’ipotesi di frode fiscale – un sequestro preventivo di oltre 86 milioni di euro all’azienda leader nella grande distribuzione organizzata. Alla base del provvedimento d’urgenza, «il sistematico sfruttamento dei lavoratori» e gli «ingentissimi danni all’erario».
Il fenomeno dell’appalto di manodopera attraverso società serbatoio – fanno notare gli stessi inquirenti nel decreto di sequestro- non è nuovo e «anzi ha attraversato gli ultimi 70 anni di storia del diritto del lavoro». È nuovo, invece, l’utilizzo di un software per il controllo a distanza di operai e facchini assunti fintamente (per l’accusa) dalle varie società, ma di fatto dipendenti dell’azienda leader nonché committente. Una realtà lavorativa alla Black Mirror, la serie tv su una realtà distopica dove la tecnologia si sostituisce sempre di più all’umano, con il «programma che dice al lavoratore cosa deve essere spostato, dove si trova e dove deve essere portato».
Il tutto tramite un software «certamente più pervasivo del controllo visivo», scrivono i pm della Direzione distrettuale antimafia, che peraltro raccoglie «dati» su lavoratori e sul quale solo Ups può «intervenire» per «gestire malfunzionamenti» o «correggere informazioni». Si evince sempre dal decreto che diversi lavoratori hanno anche affermato «di essere controllati da Ups anche tramite gps installato sui palmari in loro uso» e pure «da telecamere all’interno degli stabilimenti di smistamento».
Secondo i pm le società appaltatrici che lavorano per Ups in sostanza «agiscono come un’agenzia di somministrazione. Si limitano – annotano i pubblici ministeri – a mettere i propri dipendenti a disposizione di una struttura predefinita e preorganizzata, dove gli stessi sono, di fatto, telecomandati in merito alle operazioni di smistamento e consegna da eseguirsi giorno per giorno, minuto per minuto, fornendo, in ogni circostanza, fino alla più minuta direttiva». Con la società Ups Italia sono indagati anche il legale rappresentante della divisone italiana, lo spagnolo Francisco Conejo Castro, e i firmatari delle dichiarazioni fiscali 2017-2022, i tedeschi Karl Georg Habekorn e Britta Martina Weber. Nei confronti dell’azienda i pm hanno anche chiesto la misura interdettiva del divieto di pubblicità per un anno dei propri beni e servizi.