Nato a Roma, ma milanese d’adozione, con una famiglia di origini piemontesi , ma con cognome veneto (l’accento esatto del suo cognome cadrebbe infatti sull’ultima vocale) e in più con un’adolescenza trascorsa in Canada. Il curriculum di Pietro (detto poi Pier) Carlo Padoan ha annoverato diversi incarichi estremamente importanti fino a ricoprire quello più istituzionale per il quale è diventato famoso nel “mainstream” italiano: ovvero quello di ministro dell’Economia e delle Finanza per quattro anni. Dopo una breve esperienza dentro il Parlamento fino al 2020, eletto con il Partito Democratico, il professore universitario ha lasciato la politica. Che cosa ha deciso poi di fare Padoan, che tra circa un mese compirà 74 anni?
Gli studi e la carriera accademica di Padoan
Pier Carlo Padoan nasce il 19 gennaio 1950 e, di ritorno dal suo lungo viaggio nel Nord America, si laurea in Economia all’Università La Sapienza di Roma e negli anni ’70 diventa uno dei protagonisti del dibattito economico della sinistra: sulla rivista “Critica marxista”, di ispirazione comunista, il poco più che ventenne Padoan critica il pensiero keynesiano (cioè borghese) appoggiando la stessa linea di pensiero dell’economista polacco Michal Kalecki. Intraprende la carriera accademica e diventa docente nel medesimo ateneo in cui si laurea. Dal 1992 al 2001 insegna al College of Europe ed è stato visiting professor in Italia, Argentina, Polonia, Belgio e Giappone. È autore di numerose pubblicazioni in italiano e in inglese, tra cui “Dal mercato interno alla crisi dello SME”, “Euro-American Trade and Financial Alliances”, “The Structural Foundations of International Finance” e “A Transatlantic Perspective on the Euro”,. Qualche tempo fa spiegava che “le tasse che danneggiano meno la crescita sono quelle sulle proprietà come l’Imu, mentre le tasse che se abbassate favoriscono di più la ripresa e l’occupazione sono quelle sul lavoro“.
D’Alema, le banche, il ministero dell’Economia
Padoan si allontana dal mondo accademico vero e proprio verso la fine dello scorso secolo, quando diventa nel 1998 consigliere economico di Massimo D’Alema, allora presidente del Consiglio, e si occupa soprattutto di economia internazionale. Lo stesso anno Padoan è uno dei tre economisti riformisti con Nicola Rossi (poi senatore PD) e Marcello Messori. Sarà poi Direttore della Fondazione Italianieuropei – molto vicina alla corrente dalemiana – per poi entrare direttamente a far parte degli più importanti istituti di credito: è infatti anche consulente della Banca Mondiale e della Bce, direttore per l’Italia del Fondo Monetario Internazionale, capo economista dell’Ocse, rappresentante di quest’ultimo al G20 Finanza e capo della Risposta Strategica e della “green Growth and Innovation Iniziative”.
Il 22 febbraio 2014 ecco arrivare la nomina a ministro dell’Econonomia sotto il governo di Matteo Renzi e poi riconfermato con Paolo Gentiloni. Da ex comunista, Padoan è stato accusato dai sostenitori keynesiani di essere un europeista pro-austerity, austerità che – secondo i suoi detrattori – avrebbe spinto l’Europa al disastro. Verso la conclusione della sua esperienza all’esecutivo nazionale, si ricorda un celebre faccia a faccia televisivo con Matteo Salvini dove l’allora ministro – su domande precise del leader della Lega – non sapeva quanto costasse un litro di latte o un chilo di pane.
Il presente professionale dell’ex Pd
Grande tifoso della Roma, di lui è stato detto che è “uno che se la Magica perde male è capace di non dormire la notte e spegne la televisione se nella stessa stanza a guardare la partita c’è un laziale“. Tanto che la moglie Maria Grazia, donna nata in una famiglia laziale e con la quale ha avuto due figlie, dopo avere contratto il matrimonio ha deciso di tifare Fiorentina per non innervosire troppo il marito. Di certo la passione come deputato della Repubblica non lo coinvolgerà più di tanto visto che, appena due anni dopo essersi insediato sugli scranni di Montecitorio grazie al Pd, l’ex ministro dell’Economia deciderà di dimettersi per avviarsi verso il consiglio di amministrazione di UniCredit, del quale verrà successivamente nominato presidente. A ventisette mesi di distanza, questo è ancora l’incarico professionale che sta svolgendo.