Alla fine è andata come aveva predetto il leader laburista Keir Starmer: il piano Ruanda è passato tra grida e urla. Per farlo approvare, con 313 voti contro 279, il premier Rishi Sunak ha fatto tornare in fretta furia il ministro per l’Energia dal summit di Dubai sul clima e ha cancellato un viaggio di lavoro alle Barbados del ministro per lo Sviluppo internazionale tanta era l’incertezza sull’esito finale di uno dei progetti più controversi del governo conservatore. A sostenerlo ben tre primi ministri: Boris Johnson, Liz Truss eppoi Sunak e molti ministri degli Interni. Già dichiarato illegale dalla Corte Suprema britannica a cui lo stesso governo si era rivolto appellandosi contro una sentenza di un tribunale minore, l’accordo è stato poi rivisto per poi venir tramutato in una legge che definisce il Ruanda un Paese sicuro dove trasferire i richiedenti asilo arrivati clandestinamente nel Regno Unito. A difendere i loro diritti, sul posto verranno mandati dei legali inglesi per garantire che ai migranti venga riservato un trattamento equo ed umano. Anche questo nuovo accordo ha però diviso la maggioranza facendo emergere le profonde fratture all’interno di un partito conservatore sempre più allo sbando. Ieri Sunak ha dovuto convocare continue riunioni d’emergenza, a partire dalla colazione del mattino, con i gruppi dell’ala più a destra dei Tories insoddisfatti del piano, per convincerli a non astenersi o peggio, a votare contro insieme ai partiti dell’opposizione. Poche le frecce al suo arco per indurli a cambiare posizione dato che il Primo Ministro non era in grado di promettere cambiamenti significativi alla legge che gli avrebbero automaticamente fatto perdere l’appoggio dei Conservatori più liberali disposti fino a quel momento a sostenerlo.
Lunghissimo il dibattito in aula, molte le voci di dissenso, tra cui anche quella dell’ex ministro per l’immigrazione Robert Jenrick, dimessosi proprio dopo la sigla del nuovo accordo. «Non è il miglior piano che avremmo potuto avere – ha detto ieri Jenrick – e alla gente non interessa nulla del piano Ruanda, alla gente interessa che venga bloccato l’arrivo delle navi di clandestini nel Paese. Facciamolo funzionare». Farlo funzionare però, sempre che in gennaio la legge passi il vaglio della Camera dei Lord dove la maggioranza è ancora più fragile, non sarà affatto facile.
L’attuale ministro dell’immigrazione James Cleverly ieri, nella sua relazione, ha insistito sul fatto che la legislazione mantiene la Gran Bretagna nell’ambito della legge internazionale, ma si è rifiutato di garantire che lo schema proposto non violerà i suoi limiti in futuro. E sempre ieri una commissione parlamentare trasversale per i diritti umani ha fatto presente che il sito preposto ad ospitare i richiedenti asilo ha una capienza di 100 persone, mentre quelle in arrivo potrebbero essere migliaia. Intanto il costo del piano per i prossimi due anni arriverà a ben 390 milioni di sterline oltre alle 240 pagate fino a ora dai contribuenti che non hanno visto un solo clandestino mettere piede nel paese africano. E le soluzioni intermedie, come l’accoglimento dei migranti su una chiatta del Dorset – proprio ieri uno di quelli a bordo si è suicidato – non si sono rivelate efficaci come deterrente all’immigrazione.