“Ho solo chiuso le finte moschee”

Monfalcone, la sindaca leghista e femminista

Le cinque salat quotidiane (all’alba, a mezzogiorno, al pomeriggio, al tramonto e di notte) sono le preghiere obbligatorie per gli islamici. A Monfalcone (paese di 30mila anime) vivono circa 7mila musulmani ma non c’è una moschea. E se la convivenza era già tesa prima, il tema dei luoghi di culto ha in questi giorni inasprito gli animi.

Sindaco Anna Maria Cisint (Lega), dove dovrebbero pregare gli islamici di Monfalcone?

«Non dove lo stanno facendo ora».

E cioè?

«Prima nei due centri culturali di via Duca D’Aosta, che è di loro proprietà, e di via Don Fanin, che hanno preso in affitto da tempo, ora anche in quello di via Primo Maggio».

E lei ha emesso tre ordinanze…

«Io non voglio impedire loro di pregare, ma quelle tre sedi hanno un’altra destinazione d’uso. Non sono luoghi di culto».

E cosa sono?

«Hanno un utilizzo commerciale e direzionale e l’ultimo è addirittura un cantiere. Invece ci vanno per pregare e questo è dimostrato da cinque mesi di indagini da parte della polizia e dalle azioni degli uffici urbanistici. È un problema di sicurezza interno ed esterno».

Il suo ultimo intervento ha suscitato molte polemiche e una forte reazione della comunità islamica.

«Io non ci posso fare niente. È il piano regolatore che prevede quanti luoghi di culto possano essere presenti in un comune: non se ne possono aggiungere rispetto al numero stabilito. E vuole sapere la cosa più divertente? Il piano regolatore non l’ho fatto io, ma quelli di prima».

E magari era una giunta di sinistra?

«Può essere, non ricordo. È in vigore da molti anni».

Però adesso è diventato un problema suo…

«Io mi limito a far rispettare la legge che a mio avviso è ciò che dovrebbe fare un sindaco. Mi spiega perché se nonno Bruno ha una tettoia non a norma la deve demolire e loro pretendono di fare ciò che vogliono con quei locali che dovrebbero essere utilizzati in tutt’altro modo? Non credo che a lei permetterebbero di fare una discoteca nel suo garage».

Gli imam sono davvero arrabbiati, hanno indetto una manifestazione.

«Ancora una volta mostrano la loro vera natura. Hanno mandato una lettera al Questore e al Prefetto e per conoscenza a noi per farsi autorizzare una manifestazione il 23 dicembre, hanno annunciato di voler richiamare islamici da tutta Italia. Si parla di 5mila persone».

Hanno detto che si tratterà di una cosa pacifica.

«Ma si rende conto? Il 23 dicembre? Significa mettere in ginocchio i commercianti l’antivigilia. Questa è cattiveria».

Guardi che poi le danno della razzista e della xenofoba.

«Lo hanno già fatto. Ma come mai invece che attaccare me la sinistra, i giornaloni di sinistra e gli imam delle associazioni nazionali, quelli che si dichiarano a favore dell’integrazione a differenza del nostro di qui, non si occupano delle cose importanti legate alla cultura islamica?».

Quali cose?

«Le spose bambine, la condizione della donna, l’obbligo del velo che ormai riguarda anche le bimbe delle elementari, il fatto che nei loro negozi non prendono in considerazione di offrire prodotti per gli italiani…».

Ma la moschea è una cosa importante per loro, fondamentale.

«Non lo metto in dubbio. Ma non è un buon motivo per non rispettare la legge italiana. Penso sempre a cosa accadrebbe se noi facessimo la stessa cosa a casa loro».

E insomma sarà in trincea anche a Natale.

«Di sicuro il 23…».

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