Viceministro dell’Ambiente Vannia Gava, qual è il suo bilancio della Cop28?
«Rispetto alle precedenti ha avuto una caratteristica importante: l’inclusività. Si sono confrontati sì gli Stati, ma anche agenzie internazionali, grandi imprese, stakeholders che hanno portato un contributo fattivo al confronto. Solo nel padiglione italiano abbiamo organizzato più di 160 eventi. Torniamo con la consapevolezza, ancor più ferrea, che la lotta ai cambiamenti climatici si affronta con due parole d’ordine: gradualità e neutralità tecnologica».
La bozza di accordo finale accoglie alcuni rilievi dell’Italia?
«In questa Cop c’è stata una presidenza molto forte, che ha dato un taglio preciso al negoziato. L’Italia ha trovato molte delle sue istanze riconosciute, su alcune si poteva giocare meno con le parole. Finché non si capirà che le potenze mondiali devono fare un passo in più, sarà difficile capire i meccanismi reali di queste Cop».
Come conciliare gli interessi dei Paesi Opec con l’Ue e gli altri Paesi che spingono sulle rinnovabili?
«Bisogna capire che parliamo di interi sistemi economici che si stravolgeranno nei prossimi anni. Al di là delle bozze, sarà importante vedere come verranno attuati questi principi. È importante che tutti gli attori della Cop abbiano chiara l’idea che non esiste la bacchetta magica. È evidente che mega-economie fondate sull’industria pesante oggi faticano a trovare nelle rinnovabili tutta l’energia di cui hanno bisogno. È un percorso lungo e difficile che richiede serietà e concretezza».
L’Italia ha una posizione critica sul bando Ue alle auto a combustione interna dal 2035. Il risultato che si va profilando a Dubai aiuta a perseguire l’obiettivo della gradualità?
«L’Italia ha una posizione improntata alla neutralità tecnologica anche rispetto all’evoluzione delle tecnologie motoristiche. Come governo siamo contrari alle accelerazioni impresse da alcuni membri della Ue, si veda Timmermans che voleva portarci al rifiuto dei motori non elettrici in così breve tempo da rischiare una strage economica e sociale. Il punto è che esistono altre opzioni. Come i biocarburanti, rispetto ai quali il nostro Paese è leader tecnologico. Per raggiungere il traguardo della decarbonizzazione è importante diversificare e l’Italia crede moltissimo anche nel Carbon capture».
Cosa pensa della proposta del ministro Pichetto Fratin: ritorno al nucleare ma non su suolo italiano?
«Facciamo chiarezza. Il Parlamento ha approvato una mozione praticamente unitaria sulla possibilità di riaprire il dossier nucleare, la tecnologia più innovativa per il futuro. L’Italia già da tempo partecipa a progetti di ricerca internazionali altamente innovativi. Il ministro affronta la questione da un punto di vista tecnologico chiarendo che il tema non è la costruzione o il posizionamento di centrali di vecchia generazione, bensì la necessità di puntare sugli small reactor su cui siamo tutti d’accordo. Io e il mio partito abbiamo sollevato il tema in tempi non sospetti, quando era impossibile soltanto accennare a questa fonte importante e pulita».