Cancro, boom di casi dopo la pandemia

Cancro, boom di casi dopo la pandemia

La ricerca fa passi da gigante ma i risultati, seppur vicini, non bastano ancora a far calare i casi di tumore. Che dalla fine della pandemia sono in crescita. In tre anni, l’incremento è stato di 18.400 diagnosi: erano 376.600 nel 2020 e quest’anno sono 395mila.

Sono i dati che emergono dal rapporto dell’associazione italiana di oncologia medica (Aiom) presentato all’Istituto superiore di sanità. Nessuna sorpresa, anzi, l’aumento era atteso. Ed è una diretta conseguenza del calo degli screening durante i mesi del lockdown e in cui gli ospedali erano «da evitare» per non contagiarsi. Nel 2022 a livello nazionale c’è stata una diminuzione del 3% della copertura degli screening mammografico (43%) e colorettale (27%).

La prevenzione è stata trascurata soprattutto al Nord, dove l’adesione alla mammografia è passata dal 63% nel 2021 al 54% nel 2022 e allo screening colorettale, in discesa dal 45% al 38%. «Solo lo screening cervicale mostra un andamento un po’ diverso rispetto agli altri programmi» spiega Paola Mantellini, direttrice dell’Osservatorio nazionale screening.

Il report rileva che il tumore del polmone è oggi il big killer nelle donne. La mortalità è causata in più dell’80% dei casi dal fumo. Negli uomini, il 36,6% delle morti oncologiche evitate nel periodo 2007-2019 è legato ai progressi compiuti nella lotta al tabagismo, oltre che alle migliorate pratiche diagnostico-terapeutiche. Nelle donne invece, a pari opportunità di diagnosi e cura, «è stato documentato un eccesso di 16.036 morti per carcinoma polmonare, il 16% in più di quanto atteso. Un quadro che riflette una diversità di genere nella diffusione dell’abitudine di fumare nel corso del tempo e che suggerisce l’esigenza di portare avanti con forza la lotta al tabagismo» sottolineano Fabrizio Stracci, presidente Airtum e Diego Serraino, direttore Epidemiologia oncologica e Registro tumori del Friuli Venezia Giulia.

Le previsioni non sono rosee. Purtroppo, questi numeri sono destinati a peggiorare: si stima, infatti, che nei prossimi due decenni, il numero annuo di nuove diagnosi oncologiche nel nostro Paese aumenterà, in media ogni anno, dell’1,3% negli uomini e dello 0,6% nelle donne.

«È essenziale garantire a tutti i pazienti le cure sempre più innovative che la ricerca scientifica mette a disposizione – spiega Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom – Situazioni cliniche, per le quali fino a un decennio fa le opzioni terapeutiche erano molto limitate, oggi prevedono una sequenza di più linee di trattamento. Non sempre, però, i progressi nella diagnosi sono implementati con la stessa tempestività in tutti i centri. Vanno superate le differenze assistenziali che, purtroppo, ancora oggi esistono in diverse realtà del nostro Paese».

Gli ultimi vent’anni hanno testimoniato numerosi rilevanti progressi nella cura dei pazienti oncologici. «L’immunoterapia – spiega Massimo Di Maio, presidente Eletto Aiom – ha modificato l’algoritmo terapeutico di numerosi tumori solidi e si caratterizza per ottenere, in una percentuale di pazienti, una risposta di lunghissima durata, a volte anche di anni. Ad esempio, quando il trattamento del carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato era rappresentato dalla sola chemioterapia, la sopravvivenza a 5 anni era intorno al 5%. Oggi la possibilità di vita arriva fino a 20 anni».

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