“Cosa penso di Elly Schlein? Penso che stia sbagliando tutto”. A dirlo non è un “pericoloso” esponente dell’esecutivo di centrodestra bensì uno dei fondatori del Partito democratico per come lo conosciamo oggi. Renato Soru, candidato presidente della Sardegna al fianco di una colazione progressista e fondatore del Pd nazionale, non utilizza tanti giri di parole per descrivere, o meglio, affossare il nuovo corso schleiniano.
Il candidato presidente della Sardegna alle prossime elezioni regionali di febbraio vede il suo partito sgretolarsi davanti agli occhi e prova ad organizzare il contrattacco. Prima l’uscita inaspettata dal partito di qualche settimana fa, in netta polemica con i vertici nazionali e regionali che hanno imposto l’alleanza 5 stelle-Pd e, a scatola chiusa, la candidatura alla presidenza di Alessandra Todde, deputata grillina. “Alessandra Todde – critica Soru – è stata nettamente imposta da Roma. A differenza del centrodestra che non ne fa mistero, Cinque Stelle e Pd cercano di nascondere questa scelta romana imposta sulla base di equilibri nazionali totalmente estranei all’interesse della Sardegna. Poi non nego che qualcuno in Sardegna sia stato molto ben disposto ad accogliere questo questo input romano, e parlo soprattutto delle classi dirigenti più antiche del Pd, che rappresentano solo se stessi o piccoli gruppetti di potere che si attardano ancora a cercare di raccogliere gli ultimi scampoli di una storia ormai finita”. Adesso, a stretto giro, arriva la stoccata alla segretaria dem: “Cosa penso di Elly Schlein? – spiega incalzato da LaPresse – Penso che stia sbagliando tutto”. Più chiaro di così. Dopo l’uscita dal partito, in netto contrasto con il nuovo organigramma dem, ha deciso di candidarsi puntando a una coalizione progressista fortemente europeista, con l’aiuto del combinato disposto di partiti autonomisti e indipendentisti.
La cornice ideologica e politica di Renato Soru, inutile nascondersi dietro a un dito, è chiaramente e legittimamente di sinistra. Una sinistra riformista che, seppur distante dalle posizioni del governo di centrodestra, non riesce a sopportare l’alternativa giallorossa mal interpretata da Elly Schlein e Giuseppe Conte. I due leader massimalisti, oltre a dovere creare una base elettorale solida, devono difendersi dal fronte interno sempre più agguerrito. E se le posizioni demagogiche e populiste del leader pentastellato sono accettate dalla maggior parte dei grillini, le politiche massimaliste di Schlein sono fumo negli occhi per l’ala riformista dem che rappresenta il vecchio Paritto democratico. Le ultime decisioni di Schlein, dalla politica estera a quella interna, rappresentano la negazione tout court di di un partito di sinistra come il Partito democratico. “È un Pd da cui mi ero distaccato da diversi anni – spiega Soru – che non riconosco più e che ho lasciato senza difficoltà e senza alcun rimpianto” La conclusione del candidato sardo dovrebbe allarmare Schlein e compagni:“Mi sento tradito – dice Soru – Avevo portato nel Pd molte speranze, ho creduto nel progetto di Prodi, nel progetto di mettere assieme le due grandi anime della politica dell’Italia del dopoguerra, ho creduto che si sarebbe potuto fare una sintesi, che sarebbe potuto nascere un partito nuovo più vicino alla società civile, più vicino alle persone dove le decisioni più importanti sarebbero state sottratte a gruppi dirigenti sempre più ristretti, stanchi e cristallizzati”.
L’ultimo esempio in ordine cronologico che spiega perfettamente questo mal di pancia interno al Nazareno, oltre ovviamente alle posizioni ambigue e deboli sul conflitto russo-ucraino e spesso anche sulla polveriera mediorientale, è la negazione delle primarie. Uno strumento da sempre utilizzato e spesso descritto come la base politica del Pd che Schlein, in modo unilaterale, ha deciso di scardinare. A Firenze, infatti, il nuovo corso dem ha deciso di rottamare anzitempo le primarie per scegliere il candidato in corsa nel 2024. Al loro posto, ovviamente, la classica scelta calata dall’alto. Le critiche che arrivano da sinistra, come quella puntuale di Renato Soru, sono solo l’ultimo tassello di un puzzle fallimentare.