“La ratifica? Ora non è nel nostro interesse”. Maggioranza coesa sulla linea Meloni

Partecipate da record: balzano i ricavi "di Stato"

Binari paralleli. «Discutere adesso di questo provvedimento non è nell’interesse nazionale», ripeteva qualche mese fa Giorgia Meloni, teorizzando la messa in pausa della ratifica del Meccanismo europeo di stabilità. Da allora il pressing europeo sull’Italia non è mancato, ma non si è ancora arrivati a sbloccare la situazione, così come non c’è ancora la fumata bianca per il fatidico compromesso su un altro dossier fondamentale per l’Italia, quella riforma del Patto di Stabilità che l’esecutivo da tempo cerca di legare alla trattativa sul Mes. Gli sherpa – dicono fonti governative – sono al lavoro e gli spiragli di dialogo con i partner europei non sono chiusi, ma la stretta finale non c’è, anche se qualche avanzamento potrebbe arrivare tra giovedì e venerdì quando Giorgia Meloni sarà a Bruxelles al Consiglio europeo. In quegli stessi giorni il Parlamento avrebbe dovuto affrontare il tema del Mes alla Camera. Ma le condizioni per la ratifica non ci sono.

Il Patto di stabilità «è lontano dall’essere concluso, e non penso proprio che il 14 dicembre discuteremo del Mes. Esistono provvedimenti che vengono prima». Non ha dubbi il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, ospite di Radio 24. «Per noi è uno strumento superato, ma aspetteremo di capire le indicazioni di Giorgia Meloni». Indicazioni che non sono diverse da quanto annuncia la Lega. «Sul Mes c’è un ragionamento più ampio», dice il ministro per gli Affari Europei, Raffaele Fitto, parlando a In Mezz’Ora. «Il consiglio europeo deve affrontare le modifiche del bilancio Ue e altri dossier rilevantissimi, poi abbiamo la trattativa sul patto di Stabilità. Le cose vanno raccordate e non possono andare separatamente». E anche Lucio Malan conferma che è «improbabile che per la data in cui il Mes dovrebbe arrivare in aula ci siano stati sviluppi sul fronte del Patto di Stabilità. Quindi». Insomma, per Fdi resta l’obiettivo di chiudere una trattativa complessiva con Bruxelles.

Lo sguardo si sposta allora verso Forza Italia. Gli azzurri, come è noto, non hanno preclusioni particolari rispetto allo strumento del Mes (la cui funzione principale è quella di concedere assistenza finanziaria agli stati membri che hanno difficoltà nel finanziarsi sul mercato), ma sposano la strategia dei binari paralleli. «Il governo sta facendo un grande sforzo per ottenere una deroga al Patto di stabilità», dice il capogruppo Paolo Barelli affinché possano essere scomputati dal bilancio «i costi del Pnrr e della guerra in Ucraina» facendo slittare il rientro del rapporto deficit-Pil sotto la soglia del 3 percento. «Se la ratifica del Mes fosse foriera di questo risultato, non sarebbe un dramma approvarla, magari con una salvaguardia: cioè, tornare in Parlamento per l’autorizzazione a utilizzarlo», spiega all’Adnkronos.

Tensioni particolari, insomma, non si registrano, anche se qualcuno teme che l’Italia rischi di incartarsi in questo gioco dei veti, complice la vicinanza con le Europee e la tentazione della Lega di rilanciare il suo profilo più identitario. A chiudere il cerchio è Antonio Tajani, il quale, intervistato da Qn, ribadisce la necessità di una «logica a pacchetto» e non «a pezzi separati»: l’agenda Ue deve avere «una visione congiunta della politica economica che contempli il nuovo Patto di stabilità, il Mes, l’Unione bancaria e l’armonizzazione fiscale».

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