Il destino della guerra e la sfida tra Netanyahu e Sinwar: cosa può succedere

Il destino della guerra e la sfida tra Netanyahu e Sinwar: cosa può succedere

“Forte abbastanza da governare la Striscia di Gaza ma debole quanto basta per essere contenuta da Israele”. È tutta qui nelle parole di Yossi Kuperwasser, ex capo della ricerca per l’intelligence militare dello Stato ebraico, la strategia adottata negli ultimi anni da Benjamin Netanyahu nei confronti di Hamas. Se tale verità era già emersa nelle scorse settimane adesso la stampa americana aggiunge dettagli inediti su come la ”scommessa” del premier e il suo destino siano sempre più intrecciati a quelli del suo nemico Yahya Sinwar, il leader del movimento islamista responsabile della strage del 7 ottobre.

Benjamin Netanyahu

Al potere per 13 degli ultimi 15 anni, è almeno dal 2012 che il premier israeliano crede che Hamas possa essere utilizzata a proprio vantaggio. Quell’anno, rivela il New York Times, Netanyahu dichiara al giornalista Dan Margalit che riteneva importante garantire ad Hamas una forza tale da controbilanciare l’Autorità palestinese della Cisgiordania. Avere due organizzazioni rivali avrebbe ridotto la pressione sul premier per aprire i negoziati per la creazione dello Stato palestinese, ricorda Margalit.

Centrale per la realizzazione del piano di Netanyahu è consentire al Qatar di inviare miliardi di dollari in un decennio agli islamisti che controllano la Strisca dal 2007. Un accordo in teoria segreto ma ben noto a Tel Aviv che prevedeva il pagamento degli stipendi pubblici a Gaza e l’acquisto del carburante per il funzionamento di una centrale elettrica. Il flusso di denaro sarebbe proseguito anche mentre le forze di Tsahal e l’intelligence israeliana intercettavano segnali dei preparativi per un attacco devastante contro Israele.

Quanto l’intesa tra il Qatar e Hamas fosse ben vista da Netanyahu lo dimostrerebbe l’incontro svoltosi a Doha poche settimane prima della strage del 7 ottobre tra il direttore del Mossad, David Barnea, e le autorità locali. “Volete che i pagamenti continuino?” viene chiesto al capo degli 007. Barnea non può che confermare. La decisione è infatti stata già approvata dal gabinetto guidato dal premier israeliano nonostante nel 2021 un altro ex responsabile del Mossad, Yossi Cohen, abbia definito “fuori controllo” i soldi inviati a Gaza dal Qatar. “Il primo ministro ha agito per indebolire Hamas guidando tre operazioni militari e uccidendo migliaia di terroristi e comandanti” risponde adesso il governo. A smentirlo arrivano però le parole di Avigdor Lieberman, ex ministro della difesa: “c’è solo una cosa che è importante per Netanyahu: rimanere al potere ad ogni costo. Per farlo ha preferito pagare e ottenere la tranquillità”.

Yahyaa Sinwar

Se la scommessa del premier sembra essersi già consumata – un sondaggio condotto dalla televisione Canale 13 rivela che sette israeliani su 10 vorrebbero che Netanyahu rassegnasse le dimissioni – quella di Sinwar, per quanto disperata, è ancora tutta aperta. Il leader di Hamas ne ha parlato per la prima volta oltre 10 anni fa, quando era ancora in carcere, con Yuval Bitton, ex capo della divisione intelligence delle prigioni israeliane. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, il terrorista aveva studiato la psiche d’Israele e compreso già allora quale fosse il suo punto debole: il ruolo assegnato ai militari dallo Stato ebraico.

Per Sinwar una prova della validità della sua teoria arriva nel 2011 con la sua scarcerazione, insieme a quella di altri 1026 prigionieri palestinesi, in cambio della liberazione di un singolo soldato israeliano rapito 5 anni prima, Gilad Shalit. “Liberarlo è stato il peggiore errore nella storia dello Stato ebraico” commenta Michael Koubi, uno degli uomini che in passato ha interrogato il leader islamista e che ricorda come già nel 1989 Sinwar avesse dichiarato di voler formare delle unità di miliziani con l’obiettivo di eseguire raid per uccidere e rapire cittadini d’Israele.

Oggi il capo di Hamas punta ad ottenere la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi in cambio degli oltre 100 ostaggi ancora nelle mani dell’organizzazione islamista. “Ritiene che Israele pagherà un prezzo alto” afferma Bitton al quotidiano americano. Per lui poi sarebbe anche una questione personale sostiene Mkhaimer Abusada, un palestinese che prima della guerra insegnava Scienze politiche all’Università Al Azhar di Gaza. Secondo lui dopo la sua liberazione, Sinwar non sopporterebbe l’idea di aver lasciato indietro i suoi compagni.

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