Si chiama Pavlo Riabikin, è l’ambasciatore dell’Ucraina a Pechino e secondo la stampa di Kiev avrebbe incontrato nei giorni scorsi almeno due volte Wei Fenghe, il Consigliere di Stato cinese. Zelensky l’ha inviato in Cina lo scorso giugno per mantenere i rapporti con l’establishment di Pechino nonostante Xi Jinping sia diventato dall’inizio dell’Operazione Speciale il «bancomat» di Putin. L’alleanza Russia-Cina non spaventa Kiev, anzi Riabikin sarebbe riuscito a strappare persino un «sì» a Fenghe su una collaborazione nelle opere di ristrutturazione post-belliche. Prima dell’inizio dell’invasione su vasta scala, Kiev e Pechino stavano migliorando le loro relazioni. Nel 2020 era persino stato firmato un accordo per i lavori di ampliamento della metropolitana di Kiev, rinviato a tempi migliori per via del conflitto. La Cina tuttavia ha bisogno come l’ossigeno del grano ucraino, moneta fondamentale per aprire, com’è accaduto nei giorni scorsi, una linea di dialogo e convincere Pechino a fare pressioni su Mosca.
Mentre Riabikin prova a tenere in caldo l’alleanza, la guerra prosegue nonostante la neve abbia sequestrato buona parte del Donbass e della Crimea. Secondo il think tank statunitense Institute for the Study of War (Isw), Putin potrebbe aver incaricato l’esercito russo di catturare Avdiivka, e Kupyansk (nel Donetsk) in modo da rendere superflua qualsiasi discussione sulla guerra durante la sua campagna elettorale per le presidenziali di marzo. In realtà gli invasori sono già a metà dell’opera, visto che gli uomini del generale Zaluznyj (che lunedì ha litigato al telefono con Zelensky) hanno perso Marynka e sono in grosse difficoltà in quasi tutto l’Est. Situazione che minaccia il crollo dell’intera linea di difesa e la perdita del controllo su vaste aree del Donbass.
In primavera si vota però anche in Ucraina, e mettere le mani sulla Crimea potrebbe essere l’unico modo per consolidare la leadership di Zelensky e spegnere le sporadiche proteste di piazza che i familiari dei soldati stanno portando avanti in varie città della nazione. Il ministro della Difesa Umerov a tal proposito ha dichiarato alla tv nazionale che l’esercito si sta preparando per costringere i russi a lasciare la Crimea per sempre nel 2024. «Abbiamo dimostrato al mondo intero che possiamo avere successo, nonostante la nostra flotta non è così potente come la loro», ha spiegato facendo riferimento agli attacchi degli ultimi mesi che hanno convinto la Marina di Mosca a spostare navi da guerra in porti più sicuri.
Sulla sopravvivenza dell’Ucraina è intervenuta anche la first lady Olena Zelenska, che in una intervista alla Bbc ha espresso forte preoccupazione per il ritardo degli aiuti dopo che i senatori repubblicani negli Stati Uniti hanno bloccato il disegno di legge che prevedeva ulteriori 60 miliardi di dollari di aiuti in armi. «Se il mondo si stanca di sostenerci, ci lascerà semplicemente morire. Per noi è una questione vitale». Sulle parole della Zelenska è arrivata la replica del ministero degli esteri russo: «Una pace duratura è possibile solo se l’Occidente smetterà di inviare armi e se Kiev accetterà le nuove realtà territoriali».