Dall’insediamento del governo Meloni si è sviluppato un dibattito sul pericolo di una nuova egemonia culturale della destra e negli ultimi mesi si sono sprecati i titoli dedicati alle «mani della destra sulla cultura», «i conservatori all’assalto delle istituzioni culturali» con l’accusa della sinistra al governo di voler occupare la cultura. Impossibile non obiettare: da che pulpito viene la predica. La sinistra che per anni ha trattato la cultura come se fosse cosa propria a tutti i livelli nominando amici e amici degli amici, ora accusa la destra di voler fare spoils system.
Il punto non è però solo questo perché la tanto proclamata nuova egemonia culturale della destra nei fatti non c’è ma dovrebbe semmai esserci un tentativo di garantire il pluralismo che nei grandi eventi e nelle manifestazioni culturali continua a non essere presente. Prendiamo per esempio Più libri più liberi, la seconda fiera del libro italiana per dimensioni dopo il Salone del libro di Torino che si tiene questi giorni a Roma. Ad eccezione di pochi eventi promossi da editori non conformi come Liberilibri, Eclettica, Il Timone, Giubilei Regnani e di qualche mosca bianca, scorrendo il programma ufficiale emerge un quadro pressoché a senso unico e sbilanciato a sinistra.
Tra gli ospiti di punta spicca Patrick Zaki che oggi presenterà il suo ultimo libro Sogni e illusioni di libertà. La mia storia, immancabile anche la presenza del fumettista Zerocalcare con Enciclopedia calcarea e della fumettista e attivista lgbt Fumettibrutti.
Cospicua anche la pattuglia dei politici di sinistra, da Gianni Cuperlo a Valeria Fedeli ma l’ospite che più colpisce è Elly Schlein – accolta in sala dall’urlo «Viva l’Italia antifascista», con il giornalista Marco Damilano che ha estratto la carta d’identità: «Pronto a essere identificato». Tra i relatori di Più libri più liberi anche il leader della Cgil Maurizio Landini e, se non mancano gli eventi con Marco Travaglio, Michele Santoro, Alessandro Di Battista, ad essere assente è proprio il mondo conservatore e liberale.
Come spiega Alessandro Amorese, editore di Eclettica (presente a Più libri più liberi con uno stand) e parlamentare della Commissione Cultura: «Più libri ma sempre meno liberi, viene spontaneo ridefinire così il nome della kermesse in corso all’Eur. A fronte di una pluralità di enti (pubblici) e organizzazioni che sostengono lo svolgimento della Fiera nazionale della piccola e media editoria non corrisponde per nulla un pluralismo nel programma ufficiale come si evince a occhio nudo dai vari nomi pop e tutti politicamente schierati con nettezza a sinistra. Tanto da far sembrare un congresso nazionale quella che dovrebbe essere una manifestazione per tutti. Un forte passo indietro in termini culturali e una evidente volontà di riattestare un conformismo di cui non si sentiva l’esigenza».
Critico anche Lorenzo Bertocchi, editore de Il Timone: «Il programma di incontri della Fiera della Piccola e Media editoria, pur vario, tradisce un certo orientamento culturale che purtroppo non tiene debitamente conto del pluralismo delle idee che, invece, dovrebbe caratterizzare il confronto pubblico».
Michele Silenzi, editore della casa editrice liberale Liberilibri, sottolinea la necessità di più attenzione da parte del mondo politico di centrodestra: «Credo che la cosa più significativa da notare sia il fatto che le forze di governo si siano del tutto disinteressate di questo evento culturale così importante. Dove c’è assenza, qualcun altro, inevitabilmente e, a dir la verità, giustamente, egemonizza».
Se da un lato è indubbio il predominio progressista nei grandi eventi, dall’altro servirebbe una maggiore presenza in iniziative culturalmente così importanti del mondo istituzionale conservatore.