«Passi avanti, ma la partita complessiva sulla riforma delle pensioni rimane aperta e va affrontata insieme al sindacato». È quanto ha sottolineato ieri il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, a proposito degli emendamenti che modificano il ricalcolo della quota retributiva delle pensioni. In particolare, è stata apprezzata la salvaguardia dei trattamenti per chi accede alla pensione di vecchiaia a 67 anni e per coloro che si pensionano entro il 31 dicembre prossimo. «I cambiamenti raccolgono solo in parte le istanze avanzate dalla Cisl nel confronto a Palazzo Chigi e attraverso iniziative di mobilitazione», ha aggiunto Sbarra evidenziando che «rimane aperta, tuttavia, la questione degli allungamenti delle finestre di uscita e le evidenti disparità di trattamento di aliquote e rendimenti tra le categorie pubbliche per l’accesso alla pensione anticipata».
Queste dichiarazioni segnano un ulteriore distanziamento tra la Cisl e la Cgil e la Uil dopo la frattura creata dalle proteste di piazza e dalla battaglia per il salario minimo. Sbarra, infatti, ha auspicato che «il dibattito parlamentare possa migliorare ulteriormente il testo» e che si avvii subito un confronto tra esecutivo e sindacato «per affrontare con scelte condivise il nodo di una maggiore flessibilità in uscita». Al contrario, i sindacati guidati da Landini e Bombardieri hanno confermato lo sciopero di otto ore di venerdì prossimo e nel corso dell’ultima settimana il segretario del sindacato di Corso Italia non ha mai mancato di criticare aspramente la politica economica del governo.
La differenziazione della Cisl acquista, pertanto, un importante valore politico: il governo, infatti, ha un interlocutore nel sindacato che vuole trattare nel merito. Proprio come accaduto per il salario minimo affossato in Parlamento. La Cisl ha accolto positivamente l’esito del confronto parlamentare, perché favorevole al rafforzamento della contrattazione collettiva.
Ed è stato proprio quello il punto di svolta che ha condotto alla situazione attuale.
Cgil, Cisl e Uil erano unite a difesa di un’applicazione più estesa dei trattamenti economici dei contratti maggiormente diffusi. Poi, la sostanziale inerzia del centrosinistra ha spinto Landini a intestarsi la battaglia del salario minimo orario a 9 euro. E il fatto che la Cgil sia ormai diventata il faro della politica economica del centrosinistra non ha determinato solo frizioni all’interno del sindacato. L’«egemonia» cigiellina, infatti, non si riverbera solo nelle scelte di Pd e M5s, ma anche in quelle di associazioni «di area» come Legacoop i cui rapporti con Confcooperative si sono sfilacciati proprio a causa del fattore Landini.