La prossima, per Giorgia Meloni, non sarà una settimana come tutte le altre. In attesa della quattro giorni di Atreju (la kermesse di Fdi si apre giovedì a Castel Sant’Angelo e sarà chiusa dalla premier domenica alle 12), la presidente del Consiglio si giocherà infatti a Bruxelles gli ultimi scampoli della delicatissima partita sul Patto di stabilità. Perché sarà durante il Consiglio Ue di giovedì e venerdì che i capi di Stato e di governo dell’Unione dovranno tirare le somme della riunione dell’Ecofin di 48 ore fa, che ha sì fatto registrare un avvicinamento delle posizioni ma non è ancora arrivato a un’intesa politica. Su cui ieri il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si diceva «ottimista», pur sottolineando la differenza di approccio tra Italia e Germania («come governo ci siamo sempre impegnati sulla crescita» e non su una linea rigorista, perché posizioni intransigenti «come quella dei liberali tedeschi» avrebbero un esito negativo).
Insomma, alla tradizionale festa di Fratelli d’Italia Meloni si presenterà reduce dal braccio di ferro di Bruxelles sul Patto. E, forse, anche da come si concluderà quella partita dipenderanno i toni del suo intervento di chiusura domenica. Quest’anno, anche in vista delle elezioni Europee in programma a giugno, la kermesse sarà focalizzata anche e soprattutto su temi europei, tanto che sono attesi circa 150 delegati di Ecr in arrivo da tutta Europa. D’altra parte il voto per il rinnovo del Parlamento Ue sta già condizionando le mosse dei partiti e pure gli equilibri all’interno della coalizione di centrodestra. Con la riunione di Firenze dello scorso 3 dicembre, infatti, Matteo Salvini ha sostanzialmente sposato una linea fortemente critica verso i vertici delle istituzioni Ue, in compagnia dei partiti che a Bruxelles militano con lui nel gruppo Identità e democrazia (non solo il Rassemblement national di Marine Le Pen, ma pure l’ultra-destra tedesca di Afd). Una sterzata che preoccupa Meloni non tanto in chiave elettorale (anzi), quanto in prospettiva italiana. Il fatto che il leader della Lega abbia fin d’oggi posto il veto su un’eventuale appoggio (o magari astensione) a una nuova «maggioranza Ursula» rischia di essere una criticità non da poco. Lo scenario in questione, infatti, è dato quasi per certo, come pure il fatto che il premier di un Paese del peso dell’Italia non può votare contro il futuro presidente della Commissione Ue. Una divaricazione tra Meloni e Salvini in questo passaggio, però, potrebbe non essere indolore. La leader di Fdi, infatti, ricorda bene come l’estate del Papeete nel 2020 non fu un fulmine a ciel sereno. Ma fu preceduta, esattamente un anno prima, dal voto del Parlamento Ue su Ursula von der Leyen. Con la Lega contraria e il M5s che fu invece determinante per eleggere la presidente della Commissione Ue.