“Abbiamo messo le lenzuola bagnate sotto le porte per non far passare il fumo. Pensavamo solo a salvare i pazienti“. È ancora sotto choc Maria Grazia Angelucci, la direttrice dell’unità di Rianimazione dell’ospedale San Giovanni di Tivoli, vicino Roma, dove attorno alle ore 22.30 di venerdì 8 dicembre è divampato un terribile incendio. Lei e le sue colleghe sono riuscite a portare in salvo sei degenti, di cui quattro intubati: “È stato terribile“, racconta al Corriere della Sera. Ha lottato contro le fiamme anche Mirko Bonanni, 26 anni, infermiere del reparto di Pediatria: “Ho preso due gemellini in braccio e sono scappato via, dalle finestre vedevamo le fiamme e il fumo che avevano iniziato a invadere ogni spazio. Per fortuna i bambini stanno tutti bene ed è questo quello che conta“.
Le lenzuola bagnate
L’incendio si è sviluppato da alcuni cumuli di rifiuti accatastati nella zona retrostante dell’ospedale, vicino a un cancello in viale Roma. Le fiamme hanno interessato gli ambulatori al secondo piano interrato, il pronto soccorso e il reparto di pediatria. Mente il fumo ha raggiunto anche i piani superiori dell’edificio, compreso il reparto di rianimazione. “Intorno alle 23 abbiamo iniziato a sentire odore di fumo, ma temevo si trattasse di un guasto ai nostri macchinari, magari un piccolo corto circuito. – spiega Angelucci –Mi sono affacciata in corridoio e ho visto un fumo nerissimo che si stava diffondendo“.
Sono stati minuti concitati. “ll nostro primo pensiero è stato per i pazienti. Ma come potevamo salvarli? Erano sei malati, di cui quattro intubati. Ci siamo barricati all’interno del reparto rianimazione, poi abbiamo messo le lenzuola bagnate a terra sotto le porte in mondo da non far penetrare il fumo. Un incubo, peggiorato quando è andata via la luce“. Per fortuna, il gruppo elettrogeno ha retto e non ci sono stati problemi per i pazienti ventilati, poi messi al sicuro in attesa delle ambulanze: “Siamo usciti dalla terrazza al secondo piano, la situazione era caotica ma il personale si è dato da fare. – conclude Angelucci –So solo che è stata un’esperienza devastante“.
L’incubo nell’ospedale in fiamme
Tutto il personale dell’ospedale, compreso quello fuori dal servizio, si è dato da fare. Simona D’Ignazi, la caposala del pronto soccorso, non era in turno e si è precipitata sul posto in pigiama. “C’era un fumo nerissimo che ti toglieva il respiro“, racconta D’Ignazi al Messaggero. “L’incendio è scoppiato al terzo piano interrato e la sala rossa del pronto soccorso è stata tra le prime a essere colpite: abbiamo iniziato a evacuare i pazienti, a tranquillizzarli, a dargli l’ossigeno“. Non appena appresa la notizia del rogo, tanti infermieri hanno raggiunto l’ospedale in piena notte. Come Alessandro, che ha distribuito coperte, ossigeno e medicinali: “Noi siamo una squadra e non potevo abbandonare i miei colleghi“.
Oltre ai vigili del fuoco, anche i volontari dell’Associazione Airte di Guidonia si sono subito messi a disposizione. “Ci occupiamo di trasporti sanitari, appena saputo dell’incendio ci siamo messi a disposizione, siamo arrivati dopo l’una e siamo andati via all’alba. – racconta Rachele Cecchini, 23 anni, una delle volontarie – Per arrivare nei reparti di cardiologia e chirurgia siamo dovuti passare per la camera mortuaria: i vigili del fuoco portavano giù i pazienti con le barelle, poi noi li portavamo nella palestra dove era stato attrezzato un primo soccorso. Alcuni degenti sono stati portati fuori usando lenzuoli o materassi vista l’urgenza“. Poi il ricordo di una scena drammatica, l’epilogo tragico di una notte di terrore: “Uno dei pazienti, già in gravissime condizioni, ha avuto un arresto cardiaco durante il trasporto. E non ce l’ha fatta“.