Una sindrome da accerchiamento, e da dossieraggio: è questa la reazione che nell’entourage di Luca Casarini, l’ex portavoce dei centri sociali diventato businessman dell’accoglienza, si respira davanti alle intercettazioni e ai documenti pubblicati in questi giorni sugli affari di Mediterranea, la ong di Casarini, e sui suoi rapporti finanziari con la Chiesa cattolica. Invece di spiegare i lati oscuri della vicenda, i supporter di Casarini denunciano la presunta violazione del segreto istruttorio. Segreto che non esiste più, visto che l’inchiesta della procura di Ragusa a carico dei capi di Mediterranea è chiusa da mesi, e gli atti sono stati tutti depositati.
Tra le reazioni più allarmate c’è quella di Giuditta Pini, ex deputata del Partito democratico, che con le sue fideiussioni ha consentito i finanziamenti a Mediterranea. Secondo la Pini, a divulgare le accuse alla ong sarebbe addirittura la «mafia libica». In un messaggio su un social, la Pini ha sostenuto che «esiste un sito ufficiale della mafia libica» e che questo sito ha rilanciato le accuse a carico di Mediterranea. Quale sarebbe il «sito ufficiale» della mafia libica? La Pini non fa il nome ma nel messaggio inquadra la pagina di Migrant Rescue Watch, un sito gestito da un giornalista canadese, Rob Gowans, che si occupa prevalentemente di documentare le attività della guardia costiera libica. E la mafia cosa c’entra? «Non ho tempo per replicare alla fantasia psichedelica di qualche prete o politico di sinistra», risponde Gowans, «posso assicurare al 100 per cento che qui non c’è nessuna mafia».
Ma per i fan di Casarini, raccontare il lato oscuro della sua ong, quello che lo ha fatto finire sotto processo, equivale a essere complici della mafia o puntare a impedire il salvataggio dei migranti. A dirlo ieri, in una veemente dichiarazione, è il prete comboniano Alex Zanotelli, già direttore della rivista Nigrizia: che se la prende con la « trascrizione di conversazioni telefoniche non pubblicabili», «un vigliacco attacco verso operatori delle navi salvavita come don Mattia Ferrari e Luca Casarini, con il solo obiettivo di impedire l’aiuto economico da parte della Chiesa alle ong».
In realtà a essere sotto accusa non è il tema dell’«aiuto economico» in quanto tale alle ong ma il canale privilegiato che Mediterranea è riuscita a ritagliarsi in questi anni, a discapito di organizzazioni concorrenti, grazie ai rapporti diretti con il Vaticano e con i vertici della Conferenza episcopale italiana.
Venerdì la Cei aveva negato di avere finanziato direttamente Mediterranea, spiegando di avere «accolto la richiesta» di due diocesi (quelle di Napoli e Palermo) che ha portato nelle casse della organizzazione 400mila euro in due anni. Ieri si scopre che c’è una terza diocesi impegnata nel sostegno a Mediterranea, ed è Modena. A renderlo noto è direttamente l’arcivescovo Erio Castellucci, intercettato ripetutamente nei suoi contatti con Casarini. «A partire dall’autunno 2020 ho deciso di aiutare ”Mediterranea”, elargendo periodicamente delle somme attinte alla ”carità del Vescovo”, alimentata da diversi contributi (tra i quali una percentuale dell’otto per mille affidata al Vescovo per interventi assistenziali)».