Contro Becciu accuse contraddittorie, ma l’assoluzione non è scontata

Contro Becciu accuse contraddittorie, ma l'assoluzione non è scontata: cosa può succedere al processo

I giorni della prossima settimana sono segnati in rosso in tanti dei calendari della tipografia vaticana appesi alle pareti di case ed uffici in Vaticano. Da martedì 12 a sabato 16, infatti, ogni giorno potrebbe essere quello buono per la sentenza nel processo per la gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Nonostante gli imputati siano dieci, l’attenzione di tutti è concentrata sul destino del cardinale Giovanni Angelo Becciu che si ritrova davanti al tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone a seguito di una modifica ad hoc dell’ordinamento giudiziario dello Stato della Città del Vaticano voluta dal Papa nell’aprile del 2021.

Un processo che scuote la Curia

Il processo nasce dall’indagine dell’ufficio del promotore partita dopo la denuncia dello Ior e del revisore generale sull’ormai famoso investimento immobiliare fatto dalla Segreteria di Stato a Londra ai tempi in cui l’allora monsignor Becciu era sostituto. Le complicate operazioni finanziarie relative al palazzo di Sloane Avenue, però, si concentrano anche dopo l’estate del 2018, in un periodo in cui Becciu non era più in Segreteria di Stato ma alla guida della congregazione per la causa dei santi. Gli affari economico-finanziari, si è difeso il cardinale in dibattimento, venivano seguiti dall’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Il responsabile di quell’ufficio, ai tempi di Becciu così come in quelli del suo successore Edgar Peña Parra, era monsignor Alberto Perlasca. Quest’ultimo è stato il grande protagonista dell’inchiesta e poi del processo che si avvia alla conclusione: tra i primi sei indagati dall’ufficio del promotore di giustizia nel 2020, ha clamorosamente evitato il rinvio a giudizio nel 2021 dopo essere diventato il teste chiave dell’accusa.

Le accuse

Monsignor Perlasca, spostato dal Papa in Segnatura Apostolica pochi mesi prima che lo scandalo del palazzo divenisse pubblico, è stato il grande accusatore del cardinale Becciu in fase di indagine. Le rivelazioni dell’ex funzionario della Segreteria di Stato iniziarono il 31 agosto 2020 durante un interrogatorio durante il quale depositò all’ufficio del promotore anche un memoriale sulle presunte malefatte del suo ex superiore: non solo Londra, ma anche i bonifici destinati alla società della sua ex collaboratrice – anch’essa imputata – Cecilia Marogna e quelli alla cooperativa sarda riconducibile al fratello del cardinale. Accuse, però, che in udienza lo stesso Perlasca in parte ritratta. Ad esempio sui soldi alla cooperativa Spes di cui era rappresentante legale il fratello di Becciu, Perlasca chiarì al pg vaticano Alessandro Diddi di aver inviato un bonifico di 100 mila euro al conto della Caritas di Ozieri e non a quello della Spes. Il vescovo della diocesi sarda, monsignor Corrado Ozieri, ha testimoniato in udienza l’attività a scopo sociale della cooperativa Spes per trovare occupazione ad ex tossicodipendenti ed ex carcerati, confermando di fatto la versione della difesa del cardinale.

Le stranezze del memoriale Perlasca

La solidità dell’impianto accusatorio contro l’ex sostituto ha dovuto fare i conti nel processo con le non poche contraddizioni del teste chiave e del contesto che lo circondava. In fase di dibattimento, infatti, lo stesso pg Diddi ha ammesso che “monsignor Perlasca ha ricevuto un’imbeccata per redigere quel memoriale”. Il monsignore ha confessato che qualcuno gli mandò le domande da cui partì per scrivere il famoso memoriale contro Becciu, tirando in ballo la sua amica Genoveffa Ciferri che lo avrebbe convinto spiegandogli di avere un’interlocuzione in corso con un consulente giuridico. Questa donna è diventata protagonista del processo al punto da inviare, circa un anno fa, un messaggio Whatsapp al promotore di giustizia descrivendo un quadro di forte condizionamento del monsignore. Il messaggio-confessione di Ciferri è passato inosservato nell’opinione pubblica, ma non può essere considerato un dettaglio in un’inchiesta in cui Becciu è finito alla sbarra soprattutto grazie alla testimonianza di Perlasca. La gravità del contenuto ha spinto lo stesso promotore ad aprire un fascicolo ad hoc per ricostruire le ambigue origini del memoriale anti-Becciu del monsignore.

Che ne sarà di Becciu?

Il processo a Becciu, voluto ed autorizzato dal Papa che poi si è augurato di saperlo innocente, si potrebbe concludere con un’assoluzione del porporato sardo? L’andamento della fase dibattimentale farebbero propendere per quest’ipotesi ma inutile dire che quest’esito rappresenterebbe una sconfessione del lavoro della giustizia vaticana, particolarmente attiva sotto Bergoglio. Il primo obiettivo, tuttavia, specialmente per uno Stato in cui ad essere regnante è colui che è anche capo della Chiesa cattolica dovrebbe essere quello di perseguire la verità. Becciu sta scontando una “condanna” già da tre anni: Francesco, infatti, al termine di un’udienza quando l’ex sostituto non era ancora indagato lo indusse a dimettersi da prefetto della “fabbrica dei santi” e a rinunciare ai diritti del cardinalato. Infatti, nonostante abbia 75 anni, il porporato risulta ancora nell’elenco dei non elettori. Se venisse assolto, potrebbe riavere il privilegio di entrare in Conclave? Non è automatico perché così come la punizione non era direttamente legata al processo, anche un’eventuale riabilitazione non lo sarebbe. Inoltre, è stato il cardinale a rinunciare – sia pur su richiesta del Papa – ai diritti del cardinalato: con una sentenza favorevole in mano avrebbe la possibilità di chiedere a Francesco di restituirgli quanto perso nella drammatica udienza del 24 settembre 2020.

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