Scala, identificato l’urlatore. Sala attacca governo e polizia

Ormai i progressisti sono in cortocircuito

Alla fine la vera sorpresa del Sant’Ambrogio alla Scala è stato il calo di voce a metà «Don Carlo» del basso Michele Pertusi (Filippo II), perché l’acuto del disturbatore antifascista dal loggione era troppo scontato. E servito sul vassoio dal sindaco Giuseppe Sala che da giorni aizzava la polemica sulla presenza del presidente del Senato Ignazio La Russa come massima carica dello Stato nella poltrona al centro del palco reale. Quella su cui si è più volte seduto da presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, senza che nessuno si azzardasse a ricordargli con un urlo i trascorsi nel Partito comunista al servizio di Mosca o la benedizione ai carri armati sovietici che sotto i cingoli schiacciavano la libertà e gli stessi ungheresi a Budapest che al comunismo si ribellavano.

Questione di rispetto quantomeno istituzionale, se non umano, che a sinistra evidentemente non conoscono. E così l’altra sera è arrivato quel «Viva l’Italia antifascista» con cui tal Marco Vizzardelli si è ritagliato quei 15 minuti di notorietà che, come diceva Andy Warhol, una volta nella vita toccano a tutti. E così la miccetta accesa da Sala con l’ascensore su e giù dal palco nel quale ha imbarcato la senatrice a vita Liliana Segre, è scoppiettata dopo l’inno nazionale.

Poteva finire lì, con l’identificazione di norma gestita con garbo dagli agenti della Digos e tutti contenti. Ma evidentemente a Sala non bastava. E così ieri di buon mattino, dopo aver postato una bella foto al fianco di Pedro Almodovar, vera star della serata scaligera, gli è salita la cazzimma e ha messo i panni del Grande Inquisitore per rinfocolare il rogo su cui far ardere il fascista La Russa e chi non lo vuol bruciare. «E infine – ha scritto di buon mattino -, ma al loggionista che ha gridato Viva l’Italia antifascista ed è stato identificato, che gli si fa? Chiedo per un amico».

Un non proprio garbato attacco ai poliziotti e al questore che tra la visita a Milano del premier Meloni, le proteste in piazza Scala, gli oltre 30 schermi in tutta la città potenziali bersagli e la sfilata di vip e istituzioni a teatro, non avevano certo passato una giornata semplice. E forse meritavano un ringraziamento e non certo di essere tirati per i capelli in una sciocca polemica politica come gli sgherri di un risorgente regime littorio, contro il quale la sezione Anpi Scala invita a vigilare. Sì, alla Scala dove alla Prima un biglietto costa 3.200 euro, c’è un presidio di partigiani che ci difende dal rischio Fascismo e che rifiutando di ricevere il saluto della seconda carica dello Stato, hanno innescato lo scontro per cui Sala si è arruolato.

Una situazione paradossale, come mai si era vista la questura costretta a diffondere un comunicato per giustificare la sua attività. «L’identificazione dei due spettatori – si legge – è stata effettuata quale ordinaria modalità di controllo preventivo per garantire la sicurezza della rappresentazione. L’iniziativa non è stata assolutamente determinata dal contenuto della frase pronunciata, ma dalle particolari circostanze, considerate le manifestazioni di dissenso poste in essere nel pomeriggio in città e la diretta televisiva dell’evento che avrebbe potuto essere di stimolo per iniziative finalizzate a turbarne il regolare svolgimento».

Concludendo che «la conoscenza dell’identità delle persone ha consentito di poter ritenere con certezza l’assenza di alcun rischio per l’evento». Per fortuna un paio di etti di buonsenso come antidoto all’ossessione ideologica che vorrebbe far diventare la Scala una nuova montagna per la resistenza partigiana.

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