Dopo averci fatto scoprire le «culture» degli Animali non umani, il biologo statunitense Carl Safina ci conduce fra gli oceani, per seguire Il viaggio della tartaruga (Adelphi, pagg. 624, euro 32): non di un esemplare qualsiasi, bensì della Tartaruga Liuto, la più gigantesca di queste creature, «l’ultimo mostro rettiliano dal sangue caldo rimasto sulla Terra», un «Leviatano» antichissimo e meraviglioso. Safina ci porta «alla ricerca dell’ultimo dinosauro» che, purtroppo, nell’oceano Pacifico è a rischio di estinzione, nonostante milioni di anni di abitudine alla sopravvivenza. A renderlo vulnerabile è soprattutto chi incontra sulla terraferma: l’uomo…
Carl Safina, perché ha intrapreso questo viaggio?
«Noi umani stiamo cambiando il mondo e l’esperienza degli altri animali: volevo dare alle persone il senso di come gli altri animali stiano incontrando gli effetti di questi cambiamenti. E ho deciso di farlo attraverso l’esperienza di queste tartarughe giganti, che sono lì nell’oceano da milioni di anni e che, ora, si trovano a sperimentare un mondo molto diverso da quello in cui hanno sempre vissuto».
Quanto sono antiche le Tartarughe Liuto?
«Almeno 60 milioni di anni. Singolarmente possono vivere 80, cento, o più di cento anni. Poi ci sono specie di tartarughe anche più antiche; la cosa più semplice è pensare che, quando c’erano i dinosauri, loro erano già qui».
Questo che cosa ci dice?
«Ci dice che il mondo è un posto molto antico, con radici profonde e ancestrali. Quando camminiamo, pensiamo che sia tutto uguale: alberi, palazzi, automobili… Non ci accorgiamo di quanto lunghi e complessi siano stati i percorsi seguiti dagli esseri viventi: un albero non è una macchina, in esso c’è una storia profonda, quella della vita, in cui tutti gli organismi sono in relazione gli uni con gli altri».
Vedere una tartaruga marina è qualcosa di magico.
«Sì, ed è legato al suo essere una creatura primitiva: percepiamo che è un essere più antico, una sorta di antenato contemporaneo, ancora qui con noi».
Perché definisce la Liuto «un essere impossibile»?
«È di gran lunga la più grande delle tartarughe marine e la più pesante di tutti i rettili. È l’unico rettile che possa elevare la sua temperatura sanguigna al di sopra di quella circostante, metabolicamente, e ha uno strano guscio morbido, che sanguina se viene graffiato. E poi è l’unica sopravvissuta di un gruppo di sette specie, estintesi in luoghi e tempi differenti; il che ci dice, anche, che non è sempre facile avere a che fare con un clima che cambia, anzi: perfino per specie di grande successo evolutivo può essere impossibile continuare ad esistere. Ma se ci preoccupiamo soltanto di noi stessi…».
È davvero un «Leviatano»?
«Per la sua specie è eccezionalmente grande. Quando ne vedi una, pensi che sia impossibile: nessun animale selvaggio è così grande, perlomeno non uno che non ti faccia alcun male… Una Tartaruga Verde pesa 300 libbre e sembra già grossa; una Liuto ne pesa 900».
Altre caratteristiche?
«È specializzata nel mangiare meduse, e si immerge molto in profondità, più della maggior parte delle balene. E, quando nuota, sembra che voli sull’acqua, perché usa le pinne frontali per sollevarsi nell’acqua: così nuota più veloce delle altre tartarughe».
Sono animali avventurosi?
«Le loro migrazioni sono incredibili: nel mare non hanno alcun limite e attraversano oceani interi, dalle acque più fredde del Nord della Gran Bretagna e del Canada a quelle tropicali. Possono impiegare anche più di due anni a completare il loro intero tragitto: le loro vite sono estreme, e sono creature estreme, in tutti i sensi».
In che cosa è un dinosauro?
«Perché è un rettile a sangue caldo, e per la dimensione, tanto da essere più grande di molti dinosauri. Oggi sappiamo che gli uccelli sono i discendenti degli ultimi dinosauri viventi, ma la Tartaruga Liuto è più simile ai dinosauri di qualsiasi altra creatura attuale».
Ha viaggiato con le tartarughe per un anno e mezzo, dalla Nuova Scozia a Trinidad, dalla California a Papua, dalla Florida a Costa Rica: qual è il luogo più sorprendente?
«Papua. Il posto più selvaggio in cui sia mai stato, a parte l’Artico».
Il primo incontro con una tartaruga?
«Avevo 14 anni. È stato nell’oceano, a dieci chilometri da New York: mi sembrava un mostro meccanico uscito da un film. E poi, più da vicino, su una calda spiaggia tropicale, una notte a Trinidad: dove il mio viaggio, e il mio libro, sono cominciati. Ho incontrato questo essere che sembrava venire da un altro mondo nel nostro ma che, in realtà, mi mostrava come siamo tutti uniti».
Nel Pacifico, la popolazione di Liuto si è ridotta del 95 per cento in vent’anni, mentre nell’Atlantico è in ricrescita. Perché?
«Nell’Atlantico le persone hanno compreso, accettato e messo in pratica poche, semplici regole per coesistere: non uccidere le tartarughe, non prenderne le uova e spegnere le luci durante la nidificazione. Nel Pacifico, pochi di questi cambiamenti sono stati realizzati. Credo sia solo una questione di valori».
Quante uova sopravvivono?
«Una tartaruga marina può deporre fino a cento uova; le probabilità che una di esse diventi un esemplare adulto, che tornerà a procreare, sono di una su mille».
Molto poche.
«Le cifre sono basse, eppure hanno consentito a questi animali di essere qui da milioni di anni».
La cosa più affascinante che ha scoperto durante il suo viaggio?
«Le loro migrazioni. Sono inaspettatamente lunghe: dalla California a Papua le tartarughe impiegano oltre un anno, solo all’andata; attraversano interi oceani, con qualsiasi clima, sopravvivono alle tempeste, e poi tornano sulla stessa spiaggia, quasi nel punto esatto da cui sono partite. C’è qualcosa che le guida: è un mistero profondo».
Sono creature sagge?
«Credo di sì, in un certo senso. Di sicuro conoscono ciò che serve per vivere sulla Terra per milioni di anni, senza fare male e senza danneggiare nessuno e, allo stesso tempo, avendo successo».
Non sono proprio pericolose per nessuno?
«Nessuno. A meno di essere una medusa».