La Corte d’appello di Washington ha confermato il “gag order” nei confronti di Trump. Nell’ambito del procedimento che lo vede imputato con l’accusa di aver voluto ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, l’ex presidente degli Stati Uniti non potrà “parlare di testimoni, pubblici ministeri, personale del tribunale e loro familiari” nel processo. Respinto il ricorso presentato dai legali del tycoon – che aveva invocato il primo emendamento sulla libertà di parola – ma è stata apportata una modifica: The Donald potrà esprimersi nei confronti del procuratore speciale Jack Smith oppure nei confronti del presidente Joe Biden.
Secondo quanto stabilito dai giudici – Patricia Millett, Nina Pillard e Bradley Garcia – Trump con la sua retorica pone “conseguenze in tempo reale e nel mondo reale” che minacciano l’integrità del processo che prenderà il via il prossimo 4 marzo 2024: “La corte aveva il dovere di agire in modo proattivo per prevenire la creazione di un’atmosfera di paura o intimidazione volta a impedire ai partecipanti al processo e al personale di svolgere le loro funzioni all’interno del processo”.
I giudici hanno evidenziato che la campagna di Trump per le presidenziali del 2024 “non altera l’impegno o l’obbligo della corte di garantire l’equa amministrazione della giustizia nei casi penali […] Il signor Trump è un ex presidente e attuale candidato alla presidenza e c’è un forte interesse pubblico in ciò che ha da dire”. Il ragionamento della Corte è chiaro, il 77enne deve essere processo con le stesse procedure degli altri americani:“Questo è ciò che significa Stato di diritto”.
Nelle motivazioni, la Corte d’appello ha posto l’accento sulle numerose dichiarazioni pubbliche dell’ex presidente e gli attacchi contro i testimoni del caso, tra cui l’ex capo dello staff Mark Meadows e l’ex vicepresidente Mike Pence. La corte ha affermato che tali esternazioni“rappresentano un rischio significativo” che i testimoni vengano intimiditi e “indebitamente influenzati” nel caso. E ancora, alcuni testimoni “hanno visto la loro vita sconvolta dopo essere finiti nel mirino verbale di Trump”. Un rischio, quello per i testimoni, definito in gran parte irreversibile nell’era di internet: “Una volta che un individuo viene preso di mira pubblicamente, anche la revoca della dichiarazione incriminata non può eliminare le successive minacce, molestie o altri effetti intimidatori durante le fasi preliminari e processuali di questo caso”.
Come evidenziato dalla Cnn, è la seconda volta nel giro di pochi giorni che una Corte d’appello ripristina i limiti su ciò che Trump può dire pubblicamente. L’ex presidente è finito sotto limitazioni anche a New York, dove i giudici gli hanno impedito di attaccare il personale del tribunale nel processo per frode civile. Il tycoon può ancora presentare ulteriori ricorsi sl bavaglio, anche alla Corte Suprema.