Alla mezzanotte di oggi il vertice dei ministri finanziari europei, riuniti a cena a Bruxelles per raggiungere un’intesa sul Patto di Stabilità al successivo Ecofin, era in piena confusione, anzi il caos era sovrano. Le posizioni tra i 27 Paesi erano ancora troppo distanti, nonostante la manifesta volontà di trovare la quadra. Da una parte la Germania e i suoi satelliti protesi verso l’austerità, dall’altro lato del tavolo i Paesi ad alto debito con l’asse a geometrie variabili Italia-Francia-Spagna. La presidente di turno, la ministra spagnola Nadia Calviño, intendeva appuntarsi la medaglia del compromesso per suggellare la sua nomina a presidente della Bei, assecondando di fatto i desiderata tedeschi. Mentre il Giornale va in stampa appare improbabile che alla politica iberica venga tributato l’applauso rivolto ai leader che contribuiscono alla risoluzione delle impasse. Non è un caso che molti a Bruxelles si attendono che siano i capi di governo nel Consiglio Ue del 14-15 dicembre a dire l’ultima parola.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, accompagnato dal direttore generale del Tesoro Riccardo Barbieri, ha tenuto il punto. «La riduzione del debito deve essere graduale realistica sostenibile», è la sintesi del suo intervento, per altro già anticipato al Parlamento martedì scorso. In buona sostanza, meglio le vecchie regole, se nessuna intesa è possibile. L’obiettivo dell’Italia, infatti, è l’esclusione dal computo del deficit degli investimenti necessari alla transizione green e digitale oltre a quelli per la difesa che, comunque, dovrebbero essere trattati come «fattore mitigante» e, dunque, attutire la procedura per deficit eccessivo se causassero uno sforamento del tetto del 3% del deficit/Pil.
Italia e Francia potrebbero trovare un insospettabile alleato nella Finlandia, tradizionalmente sul fronte frugale ma ora governata da un centrodestra più «sviluppista». Entrando al vertice la ministra delle Finanze, Rikka Purra, aveva dichiarato che «la Finlandia è per delle regole oggettive ma realistiche, non sono così ottimista». Helsinki vorrebbe un’estensione a 7 anni dei piani di aggiustamento di modo tale che obiettivi e riforme possano dispiegarsi dal 2027, una volta esaurita l’attuazione del Pnrr e dei suoi investimenti. È una posizione che piace anche alla Francia. Il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, ha chiesto che ai Paesi che finiranno in procedura per deficit eccessivo (Francia in primis vista la bocciatura della sua manovra a Bruxelles) venga consentita una flessibilità aggiuntiva dello 0,2%, rispetto all’aggiustamento dello 0,5% annuo del deficit strutturale, «in modo da poter effettuare gli investimenti che sono necessari». Su questi punti potrebbe convergere anche l’Italia.
Non sarà facile superare l’assoluta incoerenza tra le proposte di modifica del Patto che i ministri si sono trovati sul tavolo. Berlino è riuscita ad imporre l’introduzione di due salvaguardie numeriche, una sul debito e l’altra sul deficit. In particolare, si chiede un miglioramento annuo del saldo strutturale primario per raggiungere il deficit richiesto dello 0,5% del Pil, che viene ridotto allo 0,2-0,25% nel caso di una estensione del periodo di aggiustamento da 4 a 7 anni. A questo si aggiunge un calo dell’1% annuo del debito/Pil (0,5% per i Paesi sotto il 90% di debito/Pil) nel periodo di aggiustamento e un target dell’1,5% del deficit/Pil una volta completato il percorso di rientro. Il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner chiede che l’aggiustamento sia sul saldo strutturale, non su quello primario che è al netto della spesa per interessi. Il liberale Lindner è in crisi di consensi in patria e spera di recuperarli vestendo il saio.