Maurizio Landini prepara l’epurazione dei dirigenti scomodi. È pronto, dopo la stretta sulla trasparenza delle riunioni, un altro colpo di mano sulle regole. Un blitz che sdogana (proprio nella Cgil) forme di «licenziamento occulto». Da ieri è in corso la votazione (durerà fino a lunedì) tra i delegati all’assemblea generale sul contratto dei dipendenti Cgil. Tra le novità è stata inserita una modifica al regolamento che disciplina l’organizzazione del personale interno. Il capo della Cgil vuole mani libere per disporre trasferimenti e allontanamenti di personale non allineato. Senza limiti. Ma soprattutto senza il consenso del lavoratore. Landini e il suo «cerchio rosso» hanno infilato nel contratto dei lavoratori una piccola modifica. Piccola. Ma dirompente. Di cosa parliamo? Della procedura per il trasferimento con atto unilaterale del segretario generale (Landini) di un dirigente sindacale da un ufficio a un altro. Oppure da una città all’altra. Nello specifico l’assemblea è chiamata a varare la modifica dell’articolo 21 del contratto dei lavoratori Cgil nella parte che riguarda le procedure di mobilità. Con la vecchia norma si prevedeva che – «in relazione ad esigenze di riorganizzazione di strutture e/o dei servizi le Segreterie delle strutture interessate possono ricorrere a processi di trasferimento di addetti ad altra struttura o ad altra sede nell’ambito del comprensorio di attività o di un comprensorio limitrofo. Tali processi potranno essere attivati sulla base di ragioni di carattere oggettivo, ricercando il consenso dell’interessato». E dunque, prima, era necessario il consenso dell’interessato. Nella nuova formulazione spunta una riga che affida pieni poteri a Landini: «In assenza di consenso dell’interessato ed in mancanza di altri soggetti disponibili, il trasferimento, valutate eventuali ipotesi alternative, potrà comunque essere disposto». In pratica, il lavoratore potrà essere trasferito anche senza il suo consenso. Un paradosso per il sindacato. E per Landini sempre pronto a incatenarsi quando un’azienda decide di trasferire i lavoratori. All’interno del sindacato la norma è stata ribattezzata anti-Gibelli. Il riferimento è all’ex portavoce Cgil Massimo Gibelli licenziato e ora in causa con il sindacato. Sarebbe bastato trasferirlo in una sede di periferia sperduta per costringerlo alle dimissioni, senza andare incontro a un contenzioso. Con la modifica voluta da Landini se il lavoratore rifiuta il trasferimento non altra strada che quella delle dimissioni volontarie. Strada che mette al riparo Landini e la Cgil da possibili azioni legali. Nonostante i malumori della base, il segretario generale non ha voluto ritirare la modifica. Ora si attende la ratifica dell’assemblea. Il clima però è infuocato: «Si manomette la regola sulla mobilità interna, lasciando il totale ricatto a ogni segretario generale di spostare chiunque non sia perfettamente allineato, anche senza il suo consenso. Nel caso Gibelli sarebbe bastato questo a evitare il licenziamento e costringere la persona a dimettersi da sola. Se non verrà ritirato è una ammissione di estrema debolezza da parte di Landini», riferisce al Giornale una fonte Cgil.