Chi c’è dietro la rocambolesca evasione di Artem Uss? Non c’è evidenza «allo stato» che siano coinvolti i servizi segreti russi. Le indagini tuttavia sono in corso, anche per individuare chi abbia ingaggiato e pagato il commando che ha aiutato l’imprenditore russo a scappare da Basiglio e a riparare nella madrepatria. Uss, figlio di un oligarca molto vicino a Putin, era sparito il 22 marzo scorso dalla propria villa, mentre si trovava ai domiciliari e dopo che i giudici milanesi avevano dato il via libera alla sua estradizione negli Usa.
Il procuratore Marcello Viola, che ha coordinato le indagini insieme al pm Giovanni Tarzia, spiega che c’è il «potenziale coinvolgimento di altre persone», oltre alle cinque destinatarie delle ordinanze di custodia cautelare firmate due giorni fa dal gip Anna Magelli, «alcune delle quali individuate, altre no». Viola ha elencato i passaggi dell’indagine durata cinque mesi che ha portato all’arresto, per ora, di due dei cinque fiancheggiatori di Uss, Vladimir e Boris Jovancic, padre e figlio presi rispettivamente in Croazia e a Desenzano dal Garda. Insieme al procuratore hanno partecipato alla conferenza stampa il comandante provinciale dei carabinieri Pierluigi Solazzo e il comandante del Nucleo investigativo Antonio Coppola.
Sulla testa di Uss pende una taglia degli Usa di 7 milioni di dollari. Le indagini hanno scandagliato «11 milioni di righe di tabulati telefonici» e hanno tra l’altro scoperto che il braccialetto elettronico che il fuggitivo indossava ai domiciliari ha avuto «ben 124 allarmi in 79 giorni», tra problemi di comunicazione fra il dispositivo e la base, «motivi di alimentazione elettrica» e «prove di schermatura» fatte dai suoi complici. Nel frattempo la Gdf ha congelato tutti i suoi beni in Italia.
Gli inquirenti ora cercano coloro che hanno mediato tra gli esecutori materiali della fuga, alcuni dei quali hanno precedenti penali per furto, e l’evaso. Le persone cioè che hanno organizzato il blitz, hanno incaricato il commando, lo hanno pagato e lo hanno messo in contatto con Uss, che non sembra conoscesse nessuno dei suoi complici prima della fuga. L’uomo avrebbe superato la frontiera a Gorizia, per entrare in Slovenia, a bordo di una Volvo, che faceva parte di una carovana di quattro auto. Il gruppo di fuggiaschi avrebbe anche goduto di «appoggi in Stati esteri quali la Croazia, la Slovenia, la Germania, la Bosnia Erzegovina, la Serbia e la Repubblica federale Russa».