Netrebko, Meli e Salsi, il trio di voci stellari che il maestro Chailly dirige nel “Don Carlo”

Netrebko, Meli e Salsi, il trio di voci stellari che il maestro Chailly dirige nel "Don Carlo"

Istruzioni per l’ascolto. Prestare attenzione alla prima parte del terzo atto: qui sta il Passo del Pordoi del Don Carlo, il capolavoro di Verdi che il 7 dicembre inaugura la stagione della Scala. In quel momento va in scena l’incontro-scontro tra titani, Filippo II re di Spagna e l’Inquisitore, di qua lo Stato di là la Chiesa. Vince la Chiesa, quindi si scollina. È questo il nodo drammaturgico di un’opera dove Don Carlo non è particolarmente svettante rispetto agli altri cinque personaggi che qui illustriamo. Curiosità, Francesco Meli, Anna Netrebko, Luca Salsi, al loro terzo 7 dicembre assieme, amici e artisti di lungo corso, ieri hanno improvvisato un pellegrinaggio: visita alla tomba del compositore, «Verdi intercedi per noi». Perché la prima della Scala fa sempre tremare i polsi (comunque meglio delle corde vocali).

FILIPPO II

Michele Pertusi

Pertusi (1965) ha debuttato in questo ruolo tardi, in compenso lo ha testato in otto produzioni. Verdiano purosangue, come non può non esserlo chi – ed è il suo caso – cresce a Parma, è al suo primo 7 dicembre. Incarna il peso della corona, la solitudine del potere e una vita povera d’affetti. Tristezza che dispiega senza filtri nell’aria Ella giammai m’amò.

ELISABETTA DI VALOIS

Anna Netrebko, soprano

«Elisabetta mi piace». Pausa. «Però non rispecchia la mia personalità», è la chiosa di Anna Netrebko (Krasnodar 1971), l’esuberanza fatta persona. Bel temperamento d’artista, russa fino all’ultima fibra, è agli antipodi rispetto al personaggio che porta in scena. «Elisabetta si tiene tutto dentro, qui sta la più grande difficoltà. Esce solo la bellezza della voce che esprime sofferenza, solitudine, tristezza. La linea vocale spesso è doppiata dai legni, io cerco di seguirne il timbro. Farò tanti piano e «pianississsssimi» anticipa Netrebko, al suo sesto 7 dicembre.

DON CARLO

Francesco Meli, tenore

Erede al trono, vive di tormenti. S’innamora di Elisabetta, «che deve chiamare madre avendo lei sposato Filippo II. Sa che quella donna fa con suo padre cose che vorrebbe fare lui» spiega il tenore Francesco Meli (Genova, 1980), nel ruolo del titolo e alla sua Prima della Scala numero 6. «Don Carlo vive continui cambi di umore, passa da momenti di esplosione e di vigore allo sconforto più nero. Un bipolarismo che si riverbera in uno dei ruoli più acuti per noi tenori. Non è eroico, non si può dunque cantare in modo vigoroso. Dominano le mezze voci». Una tinta lunare.

PRINCIPESSA DI EBOLI

Elina Garanca, mezzo soprano

Innamorata di Don Carlo, è l’amante di Filippo II. Vive l’amore con disinvoltura. Alla lettone Elina Garanca (Riga 1976) il compito di offrire con la Canzone del velo, «l’unico momento di leggerezza e ultimo sorriso dell’opera», così Chailly. Garanca depenna la sua Principessa dal catalogo dei personaggi invidiosi e distruttivi, semmai «è una delle poche donne dell’epoca che seppe muoversi in un mondo patriarcale e che visse con pienezza».

IL GRANDE INQUISITORE

Jongmin Park, basso

È l’unico individuo vincente di tutta l’opera, detentore del potere della Chiesa. Lo impersona Jongmin Park (Seoul, 1986), già allievo dell’Accademia scaligera, e in sostituzione di Ain Anger, malato. Rispetto al cast di partenza, quello sulla carta fino a ottobre, sono ben due i bassi che si sono ritirati causa salute o impedimenti vari.

RODRIGO MARCHESE DI POSA

Luca Salsi, baritono

Alla sua quarta inaugurazione di stagione, il baritono Luca Salsi (Parma, 1975) entra in scena con il personaggio più luminoso dell’opera, Rodrigo. «È un personaggio pulito, lotta per i diritti, per la libertà delle Fiandre», racconta Salsi. Chissà se Rodrigo coltivava il sogno di essere lui il futuro re? Amico (dell’erede Carlo) sì, fraterno pure, ma ambizioso assai. La parte di Salsi ci spiega, chiede «lunghi archi legati e moltissimi colori».

REGIA E ALLESTIMENTO

Lluís Pasqual

«Don Carlo è un’opera romantica, basata sulla non simpatia di Verdi per la Chiesa» spiega il regista spagnolo Lluís Pasqual, che alla Scala firmò Gianni Schicchi e La donna del lago. Per la gioia del podio assicura che quando si occupa «di lirica mi sento assistente del compositore. Prima viene la musica». I cantanti riconoscono di avere ampi margini di libertà d’azione in questa produzione (che non è sempre è buon segno. Vedremo). Sul palcoscenico domina un unico impianto scenico, firmato Daniel Bianco, con una torre di alabastro che si trasforma. Di prepotente bellezza il retablo d’oro di manifattura scaligera. Oro e nero a pioggia su questo Don Carlo, abiti in stile elisabettiano, idem per le parrucche, nei laboratori ne hanno preparate ben 200 (capelli veri), a proposito del rapporto opera e sostenibilità: un ossimoro.

DIRETTORE D’ORCHESTRA

Riccardo Chailly

La cifra del Don Carlo? Essere un’opera di dialoghi, «qui sta la sua complessità spiega il direttore d’orchestra Riccardo Chailly che per il 7 dicembre tra le cinque versioni dell’opera ha scelto quella scritta apposta per Milano. Il colore è quello del bronzo: nelle voci, nel coro, esemplarmente nella scena dei frati che saranno a vista e non nella cripta. Per la celebre aria Ella giammai m’amò, il direttore ha voluto l’accompagnamento di tutti i violoncelli anziché il violoncello solo, come Verdi scrisse. A rimarcare la tinta fosca.

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