Si è spenta a Miami all’età di 90 anni Juanita Castro, la sorella di Fidel e Raúl, i “padri” della Cuba comunista. Una lunga vita la sua segnata da una doppia ribellione: quella ai dettami della rivoluzione e quella alla fedeltà ai legami di sangue. La sua critica alla gestione del potere esercitata dai fratelli ha trovato la sua manifestazione più dirompente nella sua collaborazione con l’istituzione più rappresentativa del nemico yankee: la Cia.
È stata lei stessa a rivelare nel 2009 nel libro “Fidel e Raúl, i miei fratelli, la storia segreta” la sua attività clandestina al servizio dell’Agenzia di Langley. Nonostante il suo iniziale sostegno alla causa di Fidel Castro per la quale aveva raccolto finanziamenti e comprato armi al fine di rovesciare il dittatore Fulgencio Batista, Juanita realizzò presto che anche il nuovo ordine costituito sull’isola nel 1959 e guidato dal fratello non era migliore di quello che l’aveva preceduto.
Fidel era consapevole delle idee della sorella e le aveva intimato di non farsi coinvolgere nelle trame dei “vermi”, il termine dispregiativo riservato agli oppositori del regime comunista. Un appello che si era rivelato inutile per Juanita la quale nel frattempo aveva trasformato la sua dimora in un porto sicuro per gli anticastristi.
Il suo passaggio ufficiale al nemico avvenne nel 1961, poco dopo la disastrosa operazione americana nella Baia dei porci, quando, tramite l’intermediazione della moglie dell’ambasciatore brasiliano a Cuba, incontrò a Città del Messico un funzionario della Cia accettando di diventare una spia a due condizioni: non avrebbe accettato soldi e non avrebbe partecipato in alcun modo ad azioni violente contro i fratelli.
Fidel e Raul percepirono presto il doppiogioco di Juanita che trasferiva a Cuba per conto degli Stati Uniti messaggi, documenti e denaro. Le note di Madame Butterfly trasmesse su una radio ad onda corta erano il segnale scelto per farle sapere che c’era un messaggio per lei. “I miei fratelli potrebbero aver ignorato ciò che ho fatto per non ferire nostra madre ma questo non vuol dire che non abbia avuto problemi” scrive. Proprio la morte della mamma rese però tutto “più pericolosamente complicato” e nel 1964, grazie all’aiuto di Raúl, ottenne un visto per il Messico e da lì si trasferì un anno più tardi negli Stati Uniti. Dopo di allora non rivide più i fratelli.
La nuova vita americana di Juanita – a Miami gestirà per anni una farmacia – è stata spesso guardata con diffidenza dagli esuli cubani che, ignorando la sua collaborazione con la Cia, sospettavano che la donna fosse in realtà una spia dell’Avana. Gli anni a venire però hanno dimostrato la sincerità delle parole da lei pronunciate all’arrivo in Messico: “non posso più rimanere indifferente a quello che sta accadendo nel mio Paese. Fidel e Raúl hanno fatto di Cuba una prigione circondata dalle acque”. Juanita nel suo libro aveva riconosciuto inoltre le difficoltà di una vita all’opposizione scrivendo che “per quelli di Cuba sono una disertrice perché me ne sono andata e ho denunciato il regime in vigore. Per molti a Miami sono una persona non grata perché sono la sorella di Fidel e Raul”. Oggi Luis Zúñiga Rey, prigioniero politico esplulso dall’isola negli anni Ottanta, ne celebra il coraggio riflettendo su cosa possa aver significato a livello personale “sfidare un fratello potente” come il lider maximo.