La politica, finalmente, ha parlato lo stesso linguaggio dei cittadini. L’elogio delle attività di vicinato pronunciato stamani da Giorgia Meloni ha avuto non so che di rassicurante: ha confermato infatti agli italiani di avere un presidente del consiglio che conosce l’Italia reale. Quella che si misura con i problemi e le incombenze del quotidiano. “Nessun commercio elettronico o colosso del web potrà mai sostituire la funzione culturale e sociale che ricoprono i commercianti, gli artigiani, esercizi di vicinato“, ha affermato la leader di Fratelli d’Italia all’assemblea di Confesercenti, definendo i piccoli negozianti dei “presidi di sicurezza e di socialità, il principale antidoto alla desertificazione delle nostre strade, allo spopolamento dei nostri borghi“.
Ed è effettivamente così: quelle attività commerciali costituiscono il cuore pulsante di molte comunità locali, rappresentano un riferimento per chi vive il territorio e sono un esempio di tenace resistenza all’incedere delle moderne e spersonalizzanti forme di e-commerce. Dietro a quelle serrande che ogni mattina si alzano, infatti, non ci sono solo semplici esercenti, ma persone e famiglie che tengono vivi i rapporti umani con il cliente. Il negozio sotto casa, in questo senso, è davvero un patrimonio da preservare, soprattutto in un momento storico in cui molti centri urbani rischiano di perdere la loro identità nel nome di un progresso che in realtà ha dimenticato l’uomo per dedicarsi invece all’ambiente, al clima, alle ideologie e, più in generale, ai massimi sistemi.
Le parole di Giorgia Meloni sono state dunque il segno di un’attenzione che spesso la politica sembra aver dimenticato. E quel discorso sulla funzione sociale delle attività di vicinato avrà probabilmente fatto fischiare le orecchie a una certa sinistra da ztl, che ha di fatto isolato molti esercenti dei centri storici, rendendo i loro negozi inavvicinabili da chi utilizza le automobili e deve quindi pagare un ticket anche per muoversi all’interno della propria città. Per non parlare poi di un certo approccio, tipico dell’area progressista, che ancora si ostina a considerare i piccoli commercianti e gli artigiani come potenziali evasori o “furbetti” del fisco per solo il fatto che nelle loro botteghe si ricorra spesso ai pagamenti in contante. Peraltro, anche questo è un vecchio stereotipo smentito poi dalla realtà, visto che ormai l’ultilizzo delle carte è frequente anche nei negozi di quartiere.
Il valore di queste attività in termini di pubblica sicurezza andrebbe poi ricordato a quei politici che, nel nome di un multiculturalismo rilevatosi fallimentare, hanno trasformato interi quartieri in suq gestiti esclusivamente da stranieri che spesso parlano persino a stento l’italiano. Chissà perché, è proprio quelle zone che spesso i cittadini denunciano una maggior insicurezza, dal momento che il negoziante sotto casa non viene più percepito come un riferimento, al netto ovviamente di singole ma assai rare situazioni in cui l’integrazione è invece andata a buon fine. A certa sinistra da salotto servirebbe forse un bagno di realtà per invertire certe impostazioni ideologiche che danneggiano i piccoli imprenditori.