Il 21 marzo del 2022 il suo cuore si è fermato e lì, in quel preciso momento, si è interrotta definitivamente la sua carriera di corridore professionista: come si sente oggi? «Con il cuore nel fango».
Sonny, è il titolo della sua biografia
«Oggi è soprattutto il mio stato d’animo. Sto attraversando un momento davvero molto difficile».
Dovrebbe averlo alle spalle: arresto cardiaco nella prima tappa del Giro della Catalogna, la luce che improvvisamente si spegne.
«Non è stato facile dover abbandonare tutto all’apice della carriera, a soli 31 anni, dopo aver toccato il cielo con un dito. Dopo aver vinto titolo italiano, europeo e poi quella Roubaix che era la corsa dei miei sogni. Non è facile dire basta. Chiaro, sono vivo, sono qui, ma non le nascondo che in più di un’occasione ho pensato che forse sarebbe stato meglio non risvegliarsi. Grazie a Dio ho avuto vicino persone che mi vogliono bene: i miei figli, la mia famiglia. Chiaro, mi sono anche dovuto far aiutare da Paola Pagani, la mia psicologa, che tutt’ora mi segue. Nel frattempo ho visto il baratro e i fantasmi e in quel periodo ho fatto qualche sciocchezza, che mi sta costando carissimo e che mi hanno portato lontano da Adelina, la mia compagna».
Lontano quanto?
«Troppo».
E i suoi bimbi?
«Tomaso (7 anni) e Vittoria (5) sono spessissimo con me: loro sono davvero la mia gioia, la mia energia, il mio primo pensiero del mattino, ma spesso sono da solo e non è facile. Ho rotto qualcosa di prezioso e di unico che andava rispettato e protetto».
Non c’è modo di riparare?
«Temo di no».
C’è però la vita, c’è il ciclismo.
«E di questo ne sono felice. A novembre ho anche conseguito il patentino da direttore sportivo: il prossimo anno sarò molto più spesso sull’ammiraglia del Team Bahrain alle classiche del Nord, le mie corse».
Cosa fa oggi?
«Lavoro per il Team Bahrain e poi sono testimonial di alcuni brand: da Merida a Rudy Project, da Alé a Sidi, per arrivare a Valsir e Mille Miglia».
Ama i motori?
«Molto. Ho una Triumph TR3 del 1957: con questa potrei anche partecipare ad una Mille Miglia».
Torniamo al ciclismo: come siamo messi?
«A livello assoluto molto bene, perché abbiamo una generazione di corridori fenomenali come Pogacar e Vingegaard, Van Aert e Van der Poel, Roglic e Evenepoel. A livello italiano ci manca un Nibali, ma lasciamo crescere i nostri ragazzi. Noi della Bahrain abbiamo Antonio Tiberi: ve lo assicuro, questo è un corridore! E poi credo nella maturazione di Baroncini, nel rilancio di Bettiol, ma abbiamo anche un talento come Ganna che ci regalerà altre soddisfazioni. Pippo è un fuoriclasse assoluto».
Ha provato anche a scendere in politica con Forza Italia.
«Alle Regionali non ce l’ho fatta, ma sono sempre a disposizione. Nel frattempo mi sto adoperando per migliorare la sicurezza dei ciclisti sulle strade e vorrei fare qualcosa con i ragazzi e per i ragazzi. Vorrei insegnare loro non solo ad andare in bicicletta, ma anche ad essere utili alla collettività. Mi piacerebbe introdurre nelle scuole di ciclismo lezioni di pronto intervento, magari insegnando loro a utilizzare anche un defibrillatore: io sono stato salvato così».
Pensa ancora che non ne sia valsa la pena?
«Oggi non più. Penso piuttosto a quello che ho combinato e a come fare per ricostruire ciò di cui andavo più fiero».