Gaza, circondata la casa del “macellaio” Sinwar. “È questione di tempo”

L'offensiva israeliana a Khan Yunis: distrutto covo (con tunnel) di Sinwar

Hanno ucciso finora 5mila membri di Hamas nella Striscia di Gaza, su un totale di 30mila affiliati al gruppo islamista. Hanno eliminato 5 comandanti solo ieri, quattro dei quali della Brigata Gaza, la più grande del gruppo terroristico. E hanno scoperto a nord della città di Gaza uno dei maggiori depositi di armi di Hamas, con centinaia di lanciagranate, decine di missili anticarro, esplosivi, razzi a lunga gittata, granate e droni. Ma la caccia grossa delle Forze armate israeliane è concentrata in queste ore tutta su Khan Yunis, nel sud della Striscia. I militari hanno circondato con i carri armati la «casa» in cui si nasconderebbe il «macellaio» Yahya Sinwar, mente dell’attacco del 7 ottobre, precisando poi che con quel termine si intende la zona di rifugio del leader di Hamas. Eppure del leader terrorista non c’è traccia. Secondo fonti palestinesi non è più in quell’area. Ma il premier Netanyahu avverte: «È solo questione di tempo».

I combattimenti si stanno facendo durissimi, i più duri dall’inizio della guerra nella parte est della seconda città più grande della Striscia. «Serve ancora un mese di pressione prima di una nuova pausa nei combattimenti», spiega la Radio militare, mentre la rabbia cresce fra i famigliari dei 137 ostaggi, che denunciano come ogni giorno sia questione di vita o di morte per i propri cari.

Gli Stati Uniti concordano con la Cina per una de-escalation, dopo la telefonata tra il segretario di Stato Antony Blinken e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, mentre Vladimir Putin vede oggi a Mosca l’arcinemico di Israele, il presidente iraniano Raisi, all’indomani della visita negli Emirati Arabi uniti e in Arabia saudita. Per Washington, che finora ha fornito a Israele 10mila tonnellate di equipaggiamenti militari, de-escalation non vuol dire tuttavia cessate il fuoco permanente, perché «rafforzerebbe Hamas e validerebbe gli attacchi del 7 ottobre». Chi spera invece ancora nella fine immediata del conflitto è il segretario generale dell’Onu Guterres, che di questo ha discusso con l’emiro del Qatar Al Thani.

Tutti premono per l’arrivo di maggiori aiuti umanitari per la popolazione stremata della Striscia. Secondo l’Alto commissario Onu per i diritti umani, le atrocità rischiano di aumentare. Per Medici senza frontiere, l’ospedale Al Aqsa sta finendo le forniture mediche. E Guterres avverte: «Il sistema sanitario di Gaza è al collasso, solo 14 strutture su 36 sono parzialmente funzionanti, l’ordine pubblico crollerà presto a causa delle condizioni disperate».

La guerra non smette di bussare neanche alle porte degli israeliani. Un missile terra-terra è stato lanciato dal Mar Rosso verso la cittadina di Eilat, ma intercettato. Il lancio è stato rivendicato dagli Huthi, gli islamisti dello Yemen che, con Hamas e Hezbollah, minacciano Israele. Nel sud del Libano, un raid israeliano, in risposta a un attacco, ha provocato un morto ieri. Il giorno prima, un soldato libanese è rimasto ucciso in un’azione simile. Israele ha spiegato che i militari non sono l’obiettivo. Ma Beirut ha annunciato una denuncia all’Onu. Il ministro della Difesa Gallant ha spiegato alle comunità di confine che Israele vuole «rimuovere» Hezbollah oltre il fiume Litani come prevede la Risoluzione 1701 dell’Onu.

Leave a comment

Your email address will not be published.