Renato Zero, 73 anni e 33 dischi di inediti. Quello nuovo esce dopodomani. Autoritratto.
«Non mi sarei minimamente aspettato di sentirmi chiamare maestro da ragazzi di sedici anni».
Sono ragazzi che magari ascoltano testi trap violentemente misogini.
«Però i veri responsabili di quei testi non sono loro, loro sono vittime di certe normative e della non educazione di certe famiglie. Se il padre dice alla madre sei una zoccola, è ovvio che poi questa violenza si ripercuota nei testi dei figli».
I testi di Renato Zero sono tutt’altro.
«Il mio è nato come un gioco che poi è diventato una professione e anche un pronto soccorso che ha guarito tante sofferenze».
Dice niente.
«Alla mia età è già un risultato, qualcuno al mio posto avrebbe già cercato il badante».
Il nuovo disco di Renato Zero è visionario e contemplativo come sempre, ha i versi commoventi di Quel bellissimo niente, piacerà molto anche a chi in Zero a Zero ritrova tracce di tanto tempo fa ma soprattutto è cantato molto, molto bene, forse con ancor più intensità che negli ultimi tempi. Insomma, nell’epoca dei selfie, lui fa un Autoritratto che è a colori ma pure in bianco e Zero, candido come in Vita ma pure carico di pensieri e riflessioni tipicamente sue come in Avventuriero. Oltretutto è un autoritratto d’autore che a marzo farà parte del nuovo tour «che è ancora tutto da immaginare» ma sarà forse meno rutilante e più essenziale perché «un clown che si toglie il trucco, comunque, i colori li ha dentro, ormai fanno parte del suo intimo». E poi, diciamola tutta, il repertorio di Renato Zero è così gigantesco e importante che dovrebbe fare sei ore di concerto ogni sera. Invece «me so’ dovuto obbligare a fare dei medley perché tutta questa roba nun ce sta».
Dopo mezzo secolo di dischi Renato Zero è ancora arrembante.
«Siamo scesi in piazza per molto meno di quello che accade oggi. Non è il momento di rimanere tra quattro mura a piangersi addosso magari guardando una tv vergognosa, e lo dice chi la guarda da tutte le angolazioni. Spesso siamo spettatori impotenti».
Si delega tutto alla politica.
«Quando sentite un politico parlare di giovani? Quasi mai. La politica è così distante dai giovani da preoccuparsi solo minimamente del fatto che, per andare all’Università, si debba pagare 600 euro per un posto letto».
La cronaca è piena di violenza contro le donne.
«Le donne oggi pagano per tutto ciò che gli uomini non riescono a realizzare e subiscono tutta la loro rabbia. Se gli uomini potessero partorire, non succederebbero certe cose. Trovo incredibile che non si sia ancora imparata la lezione. Ed è inutile fare dei talk show».
Cosa bisognerebbe fare?
«Intanto mettersi nei panni delle vittime e dei carnefici per capire meglio».
I suoi «sorcini» sono fedelissimi. Qualcuno le ha mai raccontato di aver subito violenze?
«Per come ho imparato a conoscerlo, il mio pubblico è un portatore sano di positività. Mi vuole talmente bene che non mi vorrebbe coinvolgere. Durante i miei concerti comunque raccomando sempre di parlarsi, di raccontarsi, di aiutarsi. Sono persone che sono cresciute con me, mi conoscono, mi seguono. Loro vengono prima di tutto. Ad esempio per loro ho speso 140mila euro per non farli stare in piedi, magari nel fango, durante al concerto del Circo Massimo».
Andrà alla Prima della Scala?
«Se facessimo una foto alla platea degli ultimi anni, scopriremmo che ci sono sempre le stesse persone. Forse sono cartonati. La cultura stessa si è stancata di non essere ascoltata».
Lei si mantiene single.
«E sto bene. Ma intorno c’è un lacrimatoio… Tutti che si lamentano, eh ho il letto vuoto».
Come reagisce?
«Diciamo che aiuta molto considerare le mie canzoni come fossero persone fisiche. E poi…».
E poi?
«Ho un figlio meraviglioso e due nipoti che porterò via con me a Capodanno».
Feste in famiglia.
«Quando sei stato giovane bene, la vecchiaia è un viaggio meraviglioso».