Sparò ai banditi: 17 anni in cella. Ma è una vittima non un assassino

Saman e quella madre ancora impunita

Sparare a una persona richiede freddezza, determinazione, crudeltà Una serie di sentimenti esasperati che per fortuna, in genere, si riescono a sublimare in una rabbia che non porta ad atti di violenza. Lo sviluppo della civiltà è in questo processo di repressione di una forza aggressiva che tende a sopraffare l’altra persona riconosciuta come un nemico. Chi subisce un torto, si affida alla legge della comunità perché abbia giustizia: non si fa giustizia da solo. Questo è un principio elementare e molto schematico che regola la vita civile. Poi, ci sono le situazioni che non seguono questo principio. Per esempio, la legittima difesa: se non interviene tempestivamente la forza pubblica che deve proteggere l’individuo, la persona è autorizzata dalla legge a difendersi.

Il gioielliere Mario Roggero è stato condannato perché ha inseguito fuori dal suo negozio i due rapinatori, sparando e uccidendo. La prima cosa che stupisce è l’entità della pena inflitta, 17 anni, con cui si riconosce nel Roggero un pericolo pubblico. Ma allora i due rapinatori che ruolo avevano? Erano rapinatori o vittime del pericolo pubblico Roggero? Che il gioielliere potesse rimanere nel suo negozio senza mettersi a rincorrere per strada i due rapinatori era evidente, ma tralasciando le motivazioni psicologiche che hanno portato il gioielliere all’inseguimento e alla sparatoria, può questa decisione di rinunciare a rimanere nel proprio negozio dopo la tentata rapina trasformarlo in un pericoloso assassino? Non si stanno confondendo i ruoli tra gli aggressori e l’aggredito? Infatti, la pena inflitta al gioielliere afferma che l’aggredito – il gioielliere – appena esce dal suo negozio e spara diventa l’aggressore. Troppo evidente il fatto che il Roggero abbia sbagliato a rincorrere i suoi rapinatori fuori dal suo negozio, per strada; ma quest’azione non può trasformare immediatamente l’aggredito in un aggressore, essendo essa stessa la conseguenza di un’aggressione subita. È una costatazione logica. Poi si possono aggiungere tutte le varianti psicologiche che spiegano l’esasperazione del gioielliere e l’azione che lo porta a farsi giustizia da sé, ma, in ogni caso, rimane questa illogica trasformazione di un aggredito in aggressore sancita da una pena di tale entità che si infligge a un pericolo pubblico.

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