In migliaia ai funerali di Giulia Cecchettin, il vescovo: “Mai più atti di abuso”

In migliaia ai funerali di Giulia Cecchettin, il vescovo: "Mai più atti di abuso"

Oggi è il giorno dei funerali di Giulia Cecchettin: fin dal mattino migliaia di persone sono arrivate a Padova e dalle 8.30 sono stati aperti i varchi di polizia per l’ingresso. “Essere qui è un dovere morale“, dice una delle ragazze in fila circondata da persone di ogni età che nonostante il freddo e la diretta televisiva hanno scelto di essere presenti. I funerali sono stati organizzati nella basilica di Santa Giustina e sono state contate circa 10mila persone all’esterno della chiesa, per quelle che vengono considerate delle esequie quasi di Stato. In chiesa, ci sono le corone funebri del presidente della Repubblica, della presidente del Consiglio dei Ministri e dei presidenti di Camera e Senato. Presente in basilica, invece, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che al termine della cerimonia ha abbracciato e stretto la mano di papà Gino.

Il messaggio di Mattarella

presidente della Repubblica non era oggi a Padova per le esequie della ragazza ma ha inviato una corona di fiori. Nel corso del suo discorso in occasione del centenario per la “Stella al merito” ha però rivolto un pensiero a Giulia: “Il valore e il rispetto della vita vanno riaffermati in ogni ambito e va ribadito con forza in questo momento in cui sono in corso i funerali di Giulia Cecchettin“.

L’arrivo del feretro

Il feretro della ragazza è arrivato in chiesa poco prima delle 11 all’interno di una bara bianca ricoperta di rose dello stesso colore. È stato accolto dagli applausi scroscianti che hanno rotto il silenzio pesante che fino a quel momento aveva avvolto la chiesa e il sagrato. Un applauso per Giulia ma anche per la sua famiglia, che la accompagna in questo ultimo viaggio, nel giorno del dolore e dell’estremo saluto. In chiesa ci sono 1200 persone, oltre 10mila all’esterno. Il papà e il fratello di Giulia sono entrati in chiesa al seguito del feretro con il fiocco rosso simbolo della lotta contro la violenza sulle donne. La sorella Elena, invece, è entrata da un ingresso laterale.

L’omelia

Non avremmo voluto vedere quello che i nostri occhi hanno visto né avremmo voluto ascoltare quello che abbiamo appreso nella tarda mattinata di sabato 18 novembre. Per sette lunghi giorni avevamo atteso, desiderato e sperato di vedere e sentire cose diverse. Ed invece ora siamo qui, in molti, con gli occhi, anche quelli del cuore, pieni di lacrime e con gli orecchi bisognosi di essere dischiusi ad un ascolto nuovo“, ha detto Claudio Cipolla, vescovo di Padova, nel corso dell’omelia. Il modo in cui si è conclusa la vicenda, ha aggiunto il prelato, lascia “amarezza, tristezza, a tratti anche rabbia ma quanto abbiamo vissuto ha reso evidente anche il desiderio di trasformare il dolore in impegno per l’edificazione di una società e un mondo migliori“.

Nella sua omelia, il vescovo ha dedicato un passaggio anche all’assassino di Giulia e ai suoi genitori, per i quali gli stessi familiari della ragazza nei giorni scorsi hanno speso parole distensive: “Donaci, Signore, anche la pace del cuore, del mio cuore e del cuore di tutti i presenti, Chiediamo la pace del cuore anche per Filippo e la sua famiglia“. Quindi, l’ invocazione al bene e alla pace: “Non possiamo più consentire atti di sopraffazione e di abuso, per questo abbiamo bisogno di concorrere per riuscire a trasformare quella cultura che li rende possibili“.

L’ultimo saluto a Giulia

Per la giornata odierna, le bandiere di tutta la regione Veneto sono state tenute a mezz’asta. In segno di rispetto nei confronti della ragazza, che si sarebbe dovuta laureare in ingegneria biomedica pochi giorni dopo l’uccisione da parte di Turetta, il magnifico rettore dell’Università Bo di Padova ha disposto la sospensione delle lezioni fino alle ore 14. Molti gli studenti in Prato della Valle per assistere alla messa dai maxi schermi. All’esterno, invece, si continua a parlare di patriarcato: “La morte di Giulia è stato un evento spartiacque che ha portato ad un aumento del senso di responsabilità collettiva. Se siamo riusciti a portare in tv i temi del patriarcato e della cultura dello stupro, vuol dire che qualcosa si è mosso“. Così Emma Ruzzon, di Udu Padova.

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