Caro Paolo,
innanzitutto, ti comunico che pure io, come te, ho lavorato come commesso. Non mi sono fatto mancare proprio nulla e non è un mistero che, per guadagnarmi da vivere e aiutare mia madre, rimasta vedova fin troppo giovane, persino di domenica mi rimboccavo le maniche e pulivo le scale dei condomini, un modo per arrotondare. Non sono in grado di stabilire, non essendo uno psichiatra, se Filippo Turetta, assassino di Giulia, sia capace o meno di intendere e di volere, se abbia qualche patologia psichica, o un deficit cognitivo, o una fragilità mentale (come tu la denomini), che possa in qualche misura attutire la gravità delle sue colpe e dei suoi crimini. Riconosco i miei limiti e non faccio il tuttologo, come tanti miei colleghi. Tuttavia posso esprimere l’idea che io mi sono fatto seguendo attentamente questo fatto di cronaca. E devo ammettere che a me questo giovane appare estremamente lucido, freddo, razionale, calcolatore. La sua azione criminale mi risulta essere stata pianificata attentamente, con scrupolo, con perizia. Filippo ha studiato la maniera migliore per fare fuori quella ex fidanzatina che lo aveva lasciato e che non lo voleva più e che brillava più di lui in tutto, persino all’università. Doveva impedirle di superarlo ancora, ovvero di laurearsi prima di lui. Anche per questo, a mio avviso, egli ne ha spezzato la vita. Filippo Turetta ha acquistato il nastro adesivo pochi giorni prima del delitto, è uscito di casa per incontrare la fanciulla recando con sé due coltelli, immaginando quindi che pure il secondo avrebbe potuto essergli utile, insomma, egli intendeva assolutamente garantirsi di realizzare il suo obiettivo: ammazzare Giulia. La premeditazione è agevole dimostrarla e qualsiasi tribunale non oserebbe negarla. Chi diavolo va al centro commerciale armato di coltelli, nastro adesivo, sacchetti di plastica? Sembra il kit completo del serial-killer. Però non sta di certo a me giudicare o meno la sanità di mente e la piena coscienza di quest’uomo, che bambino non è affatto. E concordo con te. Io alla sua età ero già padre di due figlie, marito, e lavoravo da un decennio, altro che bimbetto! Si sostiene che i nostri fossero altri tempi. Vero, lo erano. Ma questo non vuol dire che oggigiorno l’essere umano sia da considerarsi imberbe a vent’anni o che si divenga adulti a quaranta. Non me la sento neppure di condannare questo padre, di bollarlo quale genitore inetto e responsabile delle azioni del figlio, quantunque indirettamente. Il babbo tenta di giustificare il figlio come può, soprattutto di giustificarlo a se stesso. Non credere che sia facile accettare che tuo figlio sia un assassino, per di più tanto efferato. Meglio crederlo ancora un bimbo, incosciente, inconsapevole di quello che fa, incapace di nuocere al prossimo, di accoltellare chicchessia al di fuori della cotoletta.
Suvvia, Paolo, non essere severo pure tu con questo babbo, che deve portare il suo fardello da ora in avanti. L’educazione c’entra, replicherai leggendo. Sì, c’entra, eccome se c’entra! Ma lo facciamo tutti noi, lo fai anche tu e lo faccio pure io: tentiamo di fornire una spiegazione all’orrore, alla brutalità, alla cattiveria, per potere comprendere certi fenomeni, certi fatti, certi crimini.
Ma sai qual è la verità? È che una spiegazione non c’è. Il male esiste. Ed è incomprensibile.